I tempi cambiano con impressionante rapidità, le classi sociali si scompongono, i vecchi schemi non trovano più cittadinanza in uno Stato moderno, ma la Cgil resta sempre uguale a se stessa, continuando a impersonare il doppio ruolo di sindacato e di soggetto politico. Nei cinque anni di governo Berlusconi prima Cofferati e poi Epifani inondarono l'Italia di scioperi, mentre la conflittualità diminuì drasticamente nel (fortunatamente) breve interregno di Prodi. Questa strategia che potremmo definire dei due pesi e delle due misure, di intonazione squisitamente politica, ha provocato danni incalcolabili al Paese e al suo processo di modernizzazione, ma la Cgil continua, in tutte le stagioni, a svolgere una funzione egemonica di freno, fino a rompere l'unità sindacale, esattamente come accadde nell' 83 quando Craxi presentò il decreto che congelava la scala mobile.
Venticinque anni dopo, in un momento in cui i programmi dei due principali partiti concordano sulla necessità di imprimere al pubblico impiego una svolta "aziendalista", il sindacato rosso non ha trovato di meglio che abbandonare il tavolo delle trattative dopo appena un quarto d'ora. Un atteggiamento irresponsabile, molto ben simboleggiato dalla vignetta di Giannelli apparsa stamani sul Corriere della Sera: "Appena un quarto d'ora e quelli della Cgil se ne sono andati"... "I soliti fannulloni".
Ma i tempi, appunto, sono cambiati, e non sarà l'Aventino della Cgil a fermare una riforma che gli italiani chiedono da tempo: applicare anche ai dipendenti pubblici il criterio della meritocrazia, per equipararli a quanto avviene nelle aziende private. Il confronto con gli altri sindacati andrà avanti speditamente, con la volontà politica di centrare un obiettivo strategico per rendere più snella la macchina dello Stato. La Cgil può anche decidere di farsi impropriamente carico di rappresentare le istanze della sinistra massimalista rimasta fuori dalle aule parlamentari, ma se così facesse compirebbe un'operazione di retroguardia destinata ad allontanarla dalla stessa componente modernista e liberal del Partito Democratico.
Le barricate sui temi del lavoro sono ormai antistoriche, dopo che gran parte degli operai ha votato in massa per Pdl e Lega. Il governo Berlusconi ha già varato un provvedimento di sostegno al reddito, quello della detassazione degli straordinari, e punta a riscrivere gli accordi del '93 oltre che a riformulare la contrattazione per farla aderire maggiormente alle esigenze di imprese e lavoratori. In più, il ministro Sacconi ha avanzato l'ipotesi di coinvolgere I dipendenti nell'azionariato delle società. Il governo, insomma, è aperto alle ragioni del mondo del lavoro, e l'atteggiamento di chiusura preconcetta messo in atto dalla Cgil è dunque ancora più incomprensibile.