Il governo rafforzato dalla piazza

All'indomani del grande successo di aprile del centro-destra e della tabula rasa della sinistra radicale estromessa dal Parlamento, alcuni politologi sostennero che la decimazione di Diliberto & C. svolta a sinistra?si sarebbe rivelata una specie di boomerang per il Paese perché avrebbe provocato la moltiplicazione dei moti di piazza con preoccupanti risvolti anche terroristici. Nonostante alcuni minacciosi avvertimenti, la spallata fortunatamente non c'è stata, quasi a dimostrare che la capitolazione parlamentare delle vecchie frange massimaliste ha solo in parte innescato quell'escalation della tensione temuta dalle solite Cassandre.

La manifestazione di piazza delle truppe dipietriste a Roma ha, infatti, ribadito alcune verità che già sapevamo e che hanno trovato ora puntuale conferma nei fatti. Innanzitutto c'è stato il suggello alla nuova figura di agit-prop che si è ritagliato Antonio Di Pietro. Non contento delle sue passate esibizioni di giustizialista, prima, e di Ciceruacchio con poche idee ma molta demagogia in testa, dopo, l'ex pm molisano ha occupato manu militari, fin dall'inizio della legislatura, lo spazio lasciato libero dalla banda dei Pecoraro Scanio e affini. Uno spazio che per lui può anche essere interessante, ma che finisce per indebolire ulteriormente tutta la sinistra oggi vagolante a zig zag in attesa delle definitiva resa dei conti nei confronti del segretario del Pd, Walter Veltroni. Se c'è, infatti, una morale al "No Cav" dell' 8 luglio, questa può essere sintetizzabile in poche parole: la conferma che il Partito Democratico si trova oggi in mezzo al guado. Per una ragione molto semplice: ha abbandonato - come confermano gli ultimi attacchi di Veltroni e Franceschini al presidente della Camera Fini rintuzzati persino da Casini - la strada del dialogo con la maggioranza, che pure veniva auspicata da gran parte degli italiani (coloro che non sono sfascisti per vocazione), ma non ha poi saputo neppure collocarsi nell'area oggi tenuta da Di Pietro.

Ma, al di là dei numeri non certo esaltanti dei dipietristi presenti a Piazza Navona, l'8 luglio non si è neppure rivelato troppo esaltante per l'Italia dei valori perché un conto é fare i barricadieri in Parlamento, un altro paio di maniche è agitarsi in piazza intruppando personaggi come Grillo, Travaglio e la Guzzanti. A quel punto, con innesti di tal fatta, non si sa mai dove si finisce e l'imbarazzata presa di distanza dello stesso Di Pietro nei confronti dell'istrione genovese, che ha messo alla sbarra persino il Papa, è la miglior conferma che le cosiddette manifestazioni popolari possono avere molte controindicazioni.

Insomma, se la Sparta veltroniana piange, neppure l'Atene dipietrista ride e, a ben guardare, chi finisce per essere rafforzato, dopo alcune settimane di turbolenza, è il nemico che si voleva colpire: il governo. In ultima analisi, era nel giusto proprio Veltroni che aveva visto, nell'appuntamento di Piazza Navona, un atout indiretto a favore di Berlusconi. Sì, in questo caso aveva azzeccato i pronostici: la partita è finita con una rete incassata dallo stesso Walter e con un autogol di Di Pietro. Due a zero e palla al centro.

[10 luglio 2008]