Ridare speranza alle nuove generazioni e contrastare la tendenza al declino
Intervista di Diego Motta al ministro Maurizio Sacconi, "Avvenire" del 29 luglio 2008
«L e riflessioni sui valori e sulla visione di società non possono essere il frutto di maggioranze politiche contingenti ». La premessa di Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali non lascia spazio alle interpretazioni. Il Libro Verde del Welfare porta con sé «un obiettivo ambizioso: quello di ricostruire una dimensione di futuro per ridare speranza alle famiglie e alle nuove generazioni, contrastando la tendenza al declino». In un contesto economico certo non favorevole, con la crescita vicina allo zero e i bilanci familiari in forte difficoltà, la scommessa è quella di ripensare daccapo il nostro sistema di tutele e di opportunità. Così, nelle ventiquattro pagine complessive del documento, oltre all’analisi su previdenza, sanità e assistenza, si rintracciano segnali di attenzione intorno a soggetti «nuovi» come le famiglie, le parrocchie e le comunità.
Ministro Sacconi, perché ripartire da zero con un nuovo modello di welfare?
Perché la crisi del nostro sistema è profonda. Dobbiamo cambiare un modello che si sta rivelando inefficace e insostenibile, investendo sull’integrità della persona. Occorre mettere a punto un sistema che, mentre sostiene la crescita di un Paese che a oggi resta al di sotto del proprio potenziale, valorizzi contemporaneamente il suo capitale umano. I passi da compiere sono tre: il primo è il Libro Verde, con tre mesi di consultazione aperti a tutti, poi il Libro Bianco, frutto di una visione compiuta e condivisa delle priorità che la larga maggioranza del Paese e della società civile vuole affidarci. Infine il programma di governo, da realizzare nell’arco di tutta la legislatura.
Nelle ultime ore però è scoppiato il caso della cosiddetta norma anti-assunzioni. Qual è la sua posizione?
L’emendamento sui contratti a termine, al di là di ogni giudizio tecnico e politico, deve comunque essere letto nella sua effettiva portata di norma transitoria. Il disegno di legge relativo ai rimanenti contenuti della manovra sarà la sede idonea per l’esame degli eventuali interventi correttivi.
Come si attuerà invece il percorso complessivo del Libro Verde del Welfare?
Cercheremo di favorire una consultazione attraverso la rete e la nascita di focus group sui temi- chiave, poi attiveremo dei confronti con le organizzazioni rappresentative degli interessi, come il terzo settore, le associazioni, gli ordini professionali, nonché i singoli cittadini. Dal punto di vista politico, ho già avuto modo di apprezzare l’impegno preso, sul versante dell’opposizione, da Enrico Letta. Con lui avremo modo di confrontarci su questioni specifiche.
Perché mettere a tema anche grandi questioni come la centralità della persona, «dal concepimento alla morte naturale»?
Perché nel profilo che vogliamo costruire della «società attiva», il riferimento non può essere solo alla piena occupazione, ai contratti e alla formazione. È necessario agire su aspetti profondi: come ci può essere procreazione, se i nostri giovani finiscono gli studi a 30 anni, quindi tardano a entrare nel mondo del lavoro e a costruire un proprio progetto di vita? Per questo, la famiglia sarà fondamentale nel nuovo welfare,
dalla decisione di generare figli alle scelte educative fatte quando essi crescono, fino al ruolo che una coppia può avere nella cura dei non autosufficienti.
In che modo verrà garantita la sostenibilità del sistema?
La sostenibilità economica sarà legata alla capacità di scoprire e gestire punti e reti decisive, in grado di fare comunità. Penso alle parrocchie, alle farmacie, alle stazioni dei carabinieri: luoghi in cui la persona è messa al centro anche in termini relazionali.
Può fare degli esempi concreti?
Una parrocchia non potrebbe essere titolare della funzione di collocamento? E una farmacia, perché non può essere rivalutata come centro di fornitura per la terapia del dolore? Tutto ciò che contrasta la solitudine e aiuta a fare comunità per noi va nella direzione giusta.
Resta il nodo annoso del precariato.
Il precariato è un fenomeno tutto italiano, figlio dei cosiddetti «giovani vecchi». La nostra anomalia è il lunghissimo Sessantotto, che ha diffuso i germi del nichilismo e dell’irresponsabilità, mentre noi vogliamo muoverci sulla frontiera esattamente opposta: quella dell’antropologia e della vita.
«Il modello della società attiva riparte dalla centralità della persona. Una rete con le farmacie e le parrocchie»