Italia, Paese di eroi, santi, poeti, navigatori e masochisti. Mai come in questi giorni di fine estate abbiamo infatti avvertito un clima distruttivo da parte del centrosinistra all'insegna del "muoia Sansone e tutti i filistei!".
Quello che è successo nel caso Alitalia è, a dir poco, significativo. Inutile negarlo: per tutto il mese di luglio, nei dibattiti parlamentari, s'avvertiva netta la sensazione che il Pd scommettesse sulla mancata soluzione per la crisi dell'Alitalia. Dopo aver dovuto incassare il niet dei sindacati all'ipotesi Air France, prospettata dal governo Prodi, il centrosinistra, a cominciare dall'ex ministro Bersani, non perdeva infatti occasione per aspettare al varco Berlusconi.
E' accaduto, invece, quello che meno t'aspetti o, meglio, quello che meno s'aspettava la sinistra: il governo, guarda caso, è riuscito a formare la famosa cordata di imprenditori disposta ad accollarsi l'onere del salvataggio della compagnia di bandiera e, manco a farlo apposta, i maggiori artefici dell'operazione del fronte imprenditoriale, Colaninno e Passera, sono considerati simpatizzanti della sinistra e, almeno il primo dei due, è grande amico dello stesso Bersani, dai tempi della scalata Telecom.
Abbiamo letto, in questi giorni, commenti assurdi: che l' operazione è tutta a carico della collettività, come se prima l'Alitalia non gravasse per nulla sul bilancio pubblico, e che i tagli del personale sarebbero stati ben maggiori rispetto all'ipotesi Air France. Pochi si sono invece ricordati di sottolineare quali sarebbero stati i costi per l'intero sistema-Paese nel caso di una colonizzazione francese della compagnia di bandiera italiana. Un esempio, tra i tanti: cosa avrebbe significato per il nostro turismo dipendere al cento per cento da Parigi? Il primo traguardo appena raggiunto dal governo è, invece, molto importante anche dal punto di vista dell'immagine: dimostra, infatti, che c'è un manipolo d'imprenditori che non si limita solo a chiedere allo Stato, ma è anche capace, a prescindere dalle proprie idee politiche, di accollarsi in prima persona l'onere di un difficile risanamento quando c'è di mezzo il nome dell'Italia.
Intendiamoci, tutti possono sbagliarsi: sarebbe bastato che gli esponenti del Pd avessero avuto l'onestà intellettuale di riconoscere i propri errori e di dare a Cesare quel che è di Cesare. Ma, piuttosto che Cesare, hanno preferito scegliere, ancora una volta, Sansone.
[1° settembre 2008]