Intervista del ministro Frattini a Libero

II nostro Paese farà da ponte fra Russia, Georgia e Usa

"Libero" 06 Settembre 2008

Intervista al Ministro Frattini di Andrea Morigi

«Mi è sembrato che sia la Russia sia la Georgia possano accettare l’idea di un’inchiesta internazionale indipendente». Reduce da una missione a Tbilisi e a Mosca, il ministro degli Esteri Franco Frattini si appresta a illustrare oggi ai colleghi del Consiglio Affari esteri dell’Unione europea, ad Avignone, il risultato dei colloqui con il suo omologo russo Sergei Lavrov e con il presidente georgiano Mikhail Saakashvili.

«Ma oggi (ieri, NdR), abbiamo ripreso i temi globali della relazione transatlantica, rilanciando l’impulso Europa-Stati Uniti, che francamente si era un po’ perso. E questo mi ha consentito di riprendere un tema a me caro come lo spazio transatlantico di sicurezza. Andrebbe affrontato in modo organico. Ma c’è una diffusa attitudine in Europa che andrebbe cancellata e vede l’Europa forte a condizione che sia antagonista degli Usa: niente di più sbagliato. Invece oggi abbiamo affrontato l’argomento dicendo che "più Europa" e "più Stati Uniti" sono slogan che possono stare insieme».

foto: Franco FrattiniOra si può fare anche perché è notevolmente cambiata la composizione del Consiglio e della Commissione...

«Certamente, con Sarkozy, Berlusconi, Merkel, Barroso, siamo ormai maturi per rilanciare le relazioni transatlantiche».

Ma il ruolo attivo dell’Italia nella vicenda della crisi georgiana può cambiare gli equilibri nei rapporti con gli alleati della Nato, in particolare con la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato di Washington?

«Alla luce della decisione adottata sotto la presidenza francese al Consiglio europeo, direi che l’asse Merkel-Berlusconi-Sarkozy è certamente un asse pro-americano che ha promosso una posizione equilibrata. Questo perché come europei ci rendiamo conto che un’Europa forte può avere una leva decisiva. L’America da sola non ce la fa a risolvere il conflitto, anche se senza l’America questa crisi non si risolve. Insieme ce la faremo».

Dick Cheney è un vice-presidente in scadenza, ma vi incontrerete nei prossimi giorni. Ci sono ancora differenze di posizioni?

«La posizione degli Stati Uniti è nota. Loro sono più assertivi, mentre l’Europa ha una posizione che da un lato guarda all’importanza del rapporto euro-atlantico, che si riassume in "non dividere la Nato" e in "non dividere la Nato dall’Europa", e guarda anche a un altro interesse strategico, che è l’importanza di guardare la Russia come un partner strategico. È chiaro che per noi è un problema geograficamente più vicino e che quindi ci tocca più direttamente. Ma proprio per questo noi conosciamo meglio quell’importanza strategica su cui gli americani hanno dubbi».

Serve un ruolo di ponte?

«Io vorrei in futuro un quadro di sicurezza globale in cui Europa, Nato, America e Russia collaborassero. Quella credo che sia la garanzia perla sicurezza del mondo. In questo il ruolo di Berlusconi e di Sarkozy è e continua a essere importante. Non a caso io mi consulto con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice. C’è un contatto continuo, che lei ovviamente apprezza come segno di un’amicizia».

Intanto, vuole raccontare anche a noi come è stato preparato il terreno alla visita di lunedì da parte di Sarkozy, Barroso e Solana a Vladimir Putin?

«Mercoledì a Tblisi e giovedì a Mosca ho cercato di porre sul tappeto le questioni che ancora vanno sciolte per garantire successo alla visita. In Georgia ho chiesto qualcosa e offerto qualcos’altro. Ho offerto un pacchetto per favorire l’avvicinamento all’Europa, cioè misure sui visti, un accordo di libero scambio commerciale, insieme alle linee d’azione che potranno sfociare in un’associazione con l’Europa, come quella che hanno l’Albania e la Serbia o la Bosnia-Erzegovina».

Ma per la soluzione del conflitto?

«Forse non molti sanno che l’Italia è il primo Paese ad essere accorso il 17 agosto in Georgia, il primo ad aver installato un campo permanente della Croce Rossa che distribuisce oggi 10mila pasti al giorno. Accanto, però abbiamo posto un problema molto serio: la Georgia deve impegnarsi a non usare più della forza in futuro, per esempio in Abkhazia e certamente in Ossezia».

E’ il primo dei sei punti del piano Sarkozy...

«Sì, ma la Georgia mi risponde che lo dà per scontato. E su questo punto la visita del presidente Sarkozy deve essere precisa: non basta darlo per scontato. Occorre una riaffermazione esplicita di questo impegno perché la Russia mantiene le truppe a protezione degli osseti e degli abkhazi proprio per questo mancato impegno formale. Inoltre noi vogliamo che la Georgia accetti una risoluzione Onu che metta un ombrello all’accordo in sei punti. Loro chiedono che sia menzionata l’integrità territoriale della Georgia. Siamo d’accordo. Occorrerà vedere con quali formule, per non provocare il veto della Russia».

E alla Russia, cos’ha offerto e cos’ha chiesto?

«L’impegno sul non uso della forza, la cooperazione nella lotta al terrorismo, l’Afghanistan, il dossier Iran. Abbiamo al contempo ottenuto due risposte incoraggianti: via libera senza condizioni ai corridoi umanitari. Mi è stato assicurato che occorrerà una semplice notifica, per attraversare la zona di sicurezza. Poi vogliamo un accordo preventivo su una missione di polizia civile che l’Unione europea oggi discuterà e deciderà. A quel punto la Russia si ritirerà».

Il presidente del Consiglio Berlusconi le aveva affidato qualche raccomandazione?

«L’indicazione principale era di informare gli americani di quanto avevamo fatto. Poi, chiedeva di sostenere i punti già esposti al Consiglio europeo: equilibrio, non minacciare le sanzioni, inchiesta internazionale sui fatti, considerare la Russia un partner strategico e chiederle la piena attuazione dei sei punti».

[6 settembre 2008]