La svolta a U di Veltroni
Prima ha cercato di cancellare le impronte dalla stanza del delitto, quella dove la Cgil è stata indotta a dire “no”, poi è andato in televisione al Tg1 e a Porta a Porta per tentare di mettere l’impronta sua sull’accordo per Alitalia.
È sempre buon segno quando l’incendiario torna in scena in veste di pompiere. Mente, ma gli valga la menzogna. Significa che comincia a capire qual è l’aria che tira nel Paese, e va col vento. Malvolentieri, ma si adegua. Il fatto stesso che l’opposizione faccia la cosa giusta per la ragione sbagliata (cioè per opportunismo e non per resipiscenza) accresce l’importanza del cambiamento di rotta.
La linea di Berlusconi
Pudicamente, per non dare a Berlusconi il merito di un’altra intuizione vincente – la “cordata italiana” – certi giornali attribuiscono il merito a “Palazzo Chigi”, come se no fosse la residenza ufficiale del Presidente del Consiglio. Scontati i riconoscimenti alla sperimentata capacità di mediazione di Gianni Letta, alla quale Berlusconi si affida.
Eppure alla fine è passata proprio la linea berlusconiana, è passata la sua ostinazione nel ritenere possibile trovare in Italia alcuni imprenditori decisi a scommettere su Alitalia nel quadro di un interesse nazionale più ampio, che va al di là della pure convenienza all’affare del trasporto di 24 milioni di passeggeri all’anno.
Il fallimento dell’asse Veltroni Epifani
Troppo palese è stato il tentativo di dare un colpo al Governo attraverso la politica del “tanto peggio, tanto meglio”: Veltroni sperava di arrivare all’appuntamento del 25 ottobre con questo bel piatto: il governo ha fallito sull’Alitalia. Dovrà digiunare.
Ha vinto l’interesse nazionale
Invece, tenere insieme l’interesse e – perché no, anche l’orgoglio – nazionale con una ristrutturazione resa obbligatoria dai conti di bilancio, salvaguardando il massimo possibile di occupazione e con la prospettiva di riassorbire al più presto gli esuberi attraverso il potenziamento dei collegamenti e il rinnovamento dei vettori, m al contempo fare un salto di produttività e riconquistare la clientela con l’efficienza, è stato un impegno di grande rilievo.
Naturale che Pd e Cgil, di fronte all’isolamento in cui erano finiti, cerchino ora di saltare sul carro del vincitore e giocare addirittura il ruolo di “mosche cocchiere”.
Solo che si sbagliano a credere ancora che gli italiani abbiano la memoria corta. La lezione del 13-14 aprile non è bastata.
[25 settembre 2008]