Un'udienza al mese, anzi due

foto: togaLe Corti d'appello per il settore civile e del lavoro tengono mediamente un'udienza al mese; quelle penali la bellezza di due; con questi numeri e a causa di questi numeri, in talune realtà territoriali le udienze vengono rinviate al 2014.

Davanti a certe cifre è lecito domandarsi se i milioni cittadini in attesa di sentenza possano considerare più provocatoria l'ipotesi di introdurre i "tornelli" oppure la recente dichiarazione del segretario dell'Associazione Magistrati, Giuseppe Cascini, che infuriato dichiara:"In venti anni la produttività dei magistrati è raddoppiata".

Avete sentito bene: non un anno, non due, non cinque, ma venti anni! Se il sistema industriale avesse ragionato così, le aziende in Italia - che pure non brilla per produttività - sarebbero ancora ferme al telaio a mano e alla catena di montaggio.

Prendendo per buono il dato statistico enunciato da Cascini, si deduce che venti anni fa nel settore civile le Corti d'appello tenevano "mezza udienza" al mese e in quello penale una. Numeri non propriamente esaltanti, allora come oggi. Ancor meno indicativi di produttività, laddove si consideri che il numero delle cause pendenti nel frattempo è cresciuto in maniera esponenziale (certo ben più che raddoppiato). Ecco così che il Italia abbiano un arretrato di oltre cinque milioni di cause nel civile e di oltre tre milioni nel penale.

foto: faldoniNei tribunali le cose vanno un po' meglio, ma sempre a ritmi incompatibili con questi arretrati da smaltire. Il vero "imbuto" sono dunque soprattutto le Corti d'appello e, in parte, la Cassazione dove normalmente ogni magistrato tiene quattro udienze al mese. Risultato: si arriva a sentenza mediamente nell'arco di dieci anni (il doppio dell'obiettivo comunitario di cinque/sei); scatta la possibilità di un ricorso sui "tempi ragionevoli" del processo; lo Stato italiano paga milioni di euro ogni anno per risarcimenti ai cittadini che fanno causa per i processi lenti.

Nel frattempo i magistrati vanno avanti nella carriera con un percorso economico legato all'anzianità e sostanzialmente sganciato dall'efficienza e della produttività. Con casi clamorosi, come quello del procuratore di Vigevano che, in un'intervista, dichiara candidamente di risiedere a Roma e andare in ufficio una o due volte la settimana.

Certo, i mali delle giustizia sono profondi, esistono problemi di strutture a volte fatiscenti. Ma non è accettabile che la magistratura reagisca a ogni tentativo di riforma o di innovazione con una difesa a riccio della categoria, facendo un bel mazzo dei magistrati che si dannano per lavorare (e sono tanti) e di quelli più o meno fannulloni.

Due mesi fa è arrivata a Venezia Maria Romei Pasetti, prima donna a presiedere una Corte d'appello. È una delle città dove le udienze vengono rinviate al 2014. Con un provvedimento d'emergenza ha imposto di applicare magistrati di primo grado alla Corte d'appello, con il compito di smaltire l'arretrato. I risultati ci sono già. Non è un caso unico ma può essere un caso-guida. È la dimostrazione che con la buona volontà (di alcuni magistrati) qualcosa può migliorare. E che l'Associazione magistrati, difendendo tutti, non difende la giustizia, ma soltanto la categoria. Davanti a casi come quello di Venezia il re è nudo.

[3 novembre 2008]