di Sandro Bondi
Spesso i giornali dedicano i loro elzeviri a profonde disquisizioni sulla situazione politica italiana, sulla necessità di un dialogo fra maggioranza e opposizione, soprattutto in questo periodo in cui siamo chiamati ad affrontare una crisi mondiale che investe la finanza e l'economia.
In teoria, non si potrebbe essere più che d'accordo con queste tesi. Ma tutti gli appelli alla buona volontà si infrangono inevitabilmente quando Antonio Di Pietro, l'ex magistrato dalle manette facili, apre bocca (o si fa scrivere libri) per attaccare il centrodestra e in particolare il Presidente del Consiglio.
Da una parte, stupisce che le sue affermazioni - sulle quali varrà la pena di ritornare per riflettere sui pericoli insiti in un linguaggio incredibilmente violento, tanto da risultare persino paradossale - non suscitino reazioni più severe da parte di chi, soprattutto quando parla Berlusconi, si mostra così attento all'etichetta da soppesare anche le virgole e le battute spiritose.
Dall'altra, ed è il punto davvero dolente, sconcerta che nonostante la sua volgarità e la pochezza desolante del suo "messaggio" politico fondato esclusivamente sull'insulto spinto a livelli sempre più indecenti, il leader dell'IdV risulti ancora alleato - e saldamente, nonostante le finte rotture e le dichiarazioni di maniera di Veltroni - con quello che autocertificava di essere il partito dei riformisti e l'espressione di una "nuova sinistra".
Parlavamo della necessità di riflettere sull'indecenza del linguaggio di Di Pietro perché, esagerazione dopo esagerazione, si è ormai spinto in un territorio pericoloso e inquietante.
Le prime anticipazioni riguardanti le bozze del suo libro, alle quali incredibilmente il Corriere della Sera ha dedicato un'intera pagina nell'edizione domenicale, sono raccapriccianti. Quando il rappresentante di un partito politico parla di "governo fascistoide" e adombra una somiglianza fra il Presidente del Consiglio di una libera democrazia occidentale con Hitler, paragonando la condizione dei magistrati italiani a quella degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, compie due misfatti: il primo contro il buon senso e l'intelligenza, il secondo perché offende la memoria dell'Olocausto e di milioni di vittime della follia nazista.
Intendiamoci, il Corsera ci ha fatto un favore mettendo in risalto la violenza e la volgarità che caratterizzano le farneticazioni di Di Pietro. Però lo stupore nel vedere il più antico e prestigioso quotidiano milanese che dedica uno spazio abnorme a questa spazzatura permane.
Ora, di fronte a simili abominii, la speranza (che è anche un invito e una preghiera) da parte di noi esponenti del centrodestra, è che la sinistra italiana, attraverso i suoi esponenti più autorevoli, sappia prendere le distanze innanzitutto dal politico Di Pietro, e poi da un movimento, come quello dell'Italia dei Valori, che si rivela di giorno in giorno antitetico e ripugnante ai valori più profondi della nostra democrazia e della stessa tradizione della sinistra italiana.
Se il Partito Democratico non saprà compiere questo passo, invece, dovremo tristemente rilevare che il percorso verso la socialdemocrazia riformista che gli eredi del Pci-Pds-Ds dicono di avere intrapreso (in realtà lo dicono da decenni, ormai) è ancora ben lontano dal concretizzarsi. E questo sarebbe un gravissimo danno per il nostro Paese, che ha bisogno oggi più che mai di un'opposizione costruttiva, credibile e lontana dagli estremismi di certe squallide comparse che, purtroppo, infestano il mondo della politica italiana.
[27 novembre 2008]