di Ario Gervasutti
VENEZIA - Presidente Berlusconi, dopo il Passante di Mestre e il completamento del Mose l'attenzione verso il Nordest, che soffre di una cronica carenza di infrastrutture, si tradurrà in altre "grandi opere" o la strategia del governo cambierà?
«Siamo il primo governo dei fatti, dopo tanti, troppi governi delle risse e delle chiacchiere inconcludenti. Il Passante di Mestre e il Mose, ai quali aggiungerei il rigassificatore di Rovigo che abbiamo messo in funzione in ottobre, resteranno nella storia come prove inconfutabili ed eccellenti della nostra concreta azione riformatrice. Sono due infrastrutture sbloccate dal nostro precedente governo con la Legge Obiettivo, dopo infiniti veti dell'ambientalismo di sinistra che considera un attentato contro la natura ogni intervento dell'uomo, mentre per noi è vero il contrario. Noi siamo convinti che si possa intervenire senza offendere la natura e migliorare la qualità della vita umana. E faccio notare che il nostro progetto per il salvataggio ambientale di Venezia è condiviso da importanti istituti finanziari europei».
A quali istituti si riferisce?
«Nei giorni scorsi la Banca europea per gli investimenti ha approvato un finanziamento di 1,5 miliardi di euro che consentiranno di completare il Mose, che richiede un investimento di 4,5 miliardi. Quanto al Passante di Mestre, da più di dieci anni c'erano ogni giorno code chilometriche e grandi rischi per la sicurezza; ora invece ci sarà un traffico scorrevole e sicuro. Ne siamo orgogliosi. Un orgoglio che condivido con il governatore Giancarlo Galan, poiché la Regione Veneto è quella che ha dimostrato la più elevata capacità di realizzazione delle grandi opere, in sintonia con la nostra strategia».
Sì, ma per le "grandi opere" nel Nordest cosa farà il governo?
«L'Italia ha un ritardo infrastrutturale di almeno 30 anni. Per colmare questo ritardo abbiamo deciso di investire risorse ingenti; abbiamo iniziato con i 16,6 miliardi di euro decisi dal Cipe il 18 dicembre ed entro marzo-aprile faremo partire un secondo e robusto piano, con fondi nazionali ed europei».
E l'obiettivo qual è?
«Il Passante di Mestre è una tappa importante, ma per soddisfare le esigenze delle imprese del Nordest servirà agire anche in altre direzioni. Oggi il Veneto è baricentrico rispetto alla nuova Europa e necessita di un adeguato sbocco autostradale verso Nord. Per questo stiamo esaminando con Galan altre priorità, come il Passante Alpe Adria a Nord, per prolungare la Mestre-Belluno e migliorare i collegamenti con Cortina in vista dei futuri mondiali di sci.
L'autostrada Romea Venezia-Cesena a sud. La terza corsia da Venezia e Trieste. Il completamento dell'alta capacità ferroviaria nazionale nella tratta Milano-Verona e il nodo di Verona. Il potenziamento dei valichi alpini, a cominciare dal Brennero, per il quale il nostro commissario europeo, Antonio Tajani ha assegnato di recente risorse significative. Infine il corridoio Adriatico-Baltico per collegare i porti dei due mari. Il futuro del Nordest sarà pieno di cantieri».
Le piccole e medie imprese del Nordest non vedono di buon occhio gli aiuti alla Fiat, e chiedono che maggiori risorse siano destinate a integrare gli ammortizzatori sociali, ritenuti insufficienti. Cosa farà il governo?
«Il nuovo pacchetto anticrisi deciso dal governo non prevede aiuti per una sola azienda ma incentivi per alcuni settori strategici che potranno usufruirne a precise condizioni. Dovranno impegnarsi a non trasferire all'estero i loro stabilimenti. I loro prodotti dovranno assicurare forti risparmi nei consumi di energia e notevoli riduzioni delle emissioni di anidride carbonica. È ciò che hanno fatto anche altri Paesi europei per preservare dalla crisi l'integrità del tessuto industriale nazionale. Ne trarranno vantaggio tutte le imprese in difficoltà: non solo l'auto, ma anche la componentistica e l'intero indotto dove agiscono più di 2500 piccole e medie aziende con oltre un milione di occupati, l'industria del "bianco" che produce elettrodomestici e altri settori come i mobilifici. Nel complesso stiamo parlando dell'11,4 per cento del pil, del 30 per cento dell'industria manifatturiera, per un totale di un milione e mezzo di occupati».
Già, ma chi paga?
«L'onere degli sgravi e degli incentivi assomma a circa 2 miliardi di euro, che si ripagheranno con il maggiore gettito fiscale derivante dai maggiori acquisti, con i minori costi per la Cassa integrazione e con i minori costi per i danni provocati dall'inquinamento. Dunque, un intervento perfettamente compatibile con i conti pubblici, che potrebbero dare una spinta ai consumi valutabile tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento del pil».
E per gli ammortizzatori sociali?
«Prevediamo un impegno di 8 miliardi per i prossimi tre anni, senza alcun aggravio per i contribuenti. In totale, il pacchetto globale di aiuti all'economia che abbiamo già deliberato è di 40 miliardi per i prossimi tre anni, che potranno salire a 80 con i fondi e i contributi dell'Europa. Soldi veri, che transiteranno dalle casse dello Stato all'economia reale».
Il Gazzettino ha lanciato nei giorni scorsi la proposta di una riunione del Consiglio dei ministri in una città del Nordest dedicata ai temi dell'economia. Lo ritiene possibile?
«Più che possibile, direi certo. Anzi, colgo l'occasione di questa intervista al "Gazzettino" per annunciare in modo ufficiale che porterò la squadra di governo a Venezia e nel Nordest quanto prima. Più che a un consiglio dei ministri, che sarebbe solo una riunione a porte chiuse, penso a un'occasione di incontro diretto con le piccole e medie imprese manifatturiere di questa area, che sono una risorsa strategica dell'Italia, una vera locomotiva economica. Sono imprese che hanno dimostrato di sapersi rinnovare anche nei momenti più difficili e rappresentano un punto di forza su cui contare per il dopo-crisi, per agganciare più rapidamente e meglio di altri la ripresa. Da imprenditore conosco le grandi virtù delle piccole e medie imprese del Nordest, la loro importanza nell'esportare con successo il Made in Italy. Il governo ascolterà le loro istanze in questo momento di difficoltà».
Le imprese italiane avanzano 60-70 miliardi di euro dallo Stato, che paga mediamente dopo 138 giorni contro una media Ue di 68. Pensa di intervenire per sanare questi ritardi?
«Lo abbiamo già fatto con la legge 2 gennaio 2009, nota come "decreto anticrisi". Basta leggere l'articolo 9. Chi vanta un credito con una Regione o con un Ente locale per una fornitura o un appalto, può farsi riconoscere in non più di 20 giorni il proprio diritto all'incasso con una certificazione di "credito certo, liquido ed esigibile" e girarlo a una banca o a una società finanziaria per l'incasso immediato. L'operazione è possibile anche se il contratto di fornitura prevedeva in origine la non cedibilità del credito».
Continuano a destare perplessità la mancanza di cifre certe sul federalismo e i tempi lunghi per la sua attuazione. E al Nord c'è chi teme uno "schieramento trasversale" che svuoti di efficacia la riforma. Come risponde a questi timori?
«Il federalismo fiscale comporta per forza di cose dei tempi lunghi, perché si tratta di una legge delega, che dovrà essere seguita dalle norme di attuazione che chiariranno tutti i punti, anche quelli relativi ai costi e ai benefici. Il Nord non ha nulla da temere, poiché le Regioni del Nord hanno già i conti a posto e i servizi migliori. Quanto ai tempi, non ci sarà nessun ritardo: siamo d'accordo con la Lega che la riforma della giustizia e quella del federalismo fiscale dovranno camminare di pari passo. E così sarà. Tanto più che dal federalismo fiscale il nostro governo si aspetta un vantaggio preciso nel contrasto dell'evasione fiscale, in quanto gli enti locali saranno coinvolti nell'accertamento dei redditi. Oggi ci sono troppi furbi che non pagano le imposte dovute: l'economia sommersa è pari al 20 per cento del pil e questo significa che non si pagano imposte per almeno 100 miliardi di euro l'anno. Ogni euro di evasione che riusciremo a recuperare sarà restituito ai contribuenti onesti sotto forma di riduzione della pressione fiscale».
Il Parlamento sta affrontando con impegno la regolamentazione delle intercettazioni. Ma non ritiene che per la percezione di sicurezza del cittadino comune sarebbe più produttivo un intervento legislativo che faccia in modo, ad esempio, che stupratori, spacciatori e ladri non possano uscire di prigione dopo due giorni?
«Oggi troppi magistrati interpretano le leggi invece di applicarle, fino a mettere con leggerezza in libertà chi ha commesso un reato grave e odioso come lo stupro. Per questo abbiamo introdotto un emendamento nel decreto sicurezza per escludere la concessione degli arresti domiciliari agli stupratori. I cittadini vogliono processi più rapidi, certezza della pena e un giudice veramente terzo, non più succube del pm. Al Consiglio dei Ministri di ieri mattina (venerdì, ndr) abbiamo presentato una grande riforma per l'efficienza della giustizia penale e per il giusto processo. Successivamente presenteremo in Parlamento la riforma dell'ordinamento giudiziario che separerà non le carriere dei magistrati ma gli ordini, per fare in modo che il pm diventi un avvocato dell'accusa e sia messo sullo stesso piano di quello della difesa, davanti a un giudice veramente terzo. Gli avvocati dell'accusa dovranno avere carriera e uffici separati rispetto ai magistrati giudicanti, e quando vorranno interagire con questi ultimi dovranno chiedere un appuntamento con il cappello in mano, così come devono fare oggi gli avvocati della difesa».
La crisi economica globale ha accentuato i problemi legati all'immigrazione, con molti extracomunitari che stanno perdendo il lavoro. Il governo intende adottare misure più restrittive nei confronti dei clandestini, e rivedere il criterio dei flussi per gli stranieri regolari?
«Modificare continuamente queste norme sarebbe un errore. Basta applicare bene le leggi che già esistono in materia di flussi e permessi, e rimpatriare i clandestini che ne sono privi. Nell'ultimo anno, su 36 mila clandestini arrivati in Italia, ben 34 mila sono sbarcati a Lampedusa e in Sicilia. Il problema è dunque circoscritto, e l’ultimo accordo con la Libia consentirà di azzerare anche gli sbarchi».
La maggioranza è stata battuta al Senato sulla "linea dura" verso i clandestini, con l'aiuto di franchi tiratori del Pdl. Cosa significa? È un messaggio alla Lega come sostiene qualcuno?
«Sono incidenti di percorso che in Parlamento possono capitare, senza altri significati né conseguenze su questioni marginali. Il decreto sicurezza è stato approvato in Senato con i voti della nostra maggioranza e gli articoli di cui trattasi verranno riproposti ed approvati con il passaggio del decreto alla Camera».
Bossi dice di averle dato una sorta di aut aut: non vuole alleanze con l'Udc nelle elezioni amministrative. Come gli ha risposto?
«Aut-aut di Bossi? Una bufala, come dicono a Roma, un'invenzione totale. Anche l'ultima volta che ci siamo incontrati abbiamo parlato di tutto senza problemi, trovandoci sempre d'accordo. Con Bossi basta poco per intenderci. Decideremo insieme, come sempre. Il Popolo della Libertà lavorerà invece per rafforzare il bipolarismo, e nell'incontro che ho avuto giovedì con Verdini, La Russa e Calderoli abbiamo confermato l'alleanza con la Lega Nord. Per quanto riguarda l'Udc, da parte nostra non c'è mai stata alcuna chiusura, com'è dimostrato dal fatto che per le elezioni politiche di aprile avevo proposto a Casini di far entrare il suo partito nel Popolo della Libertà. Fu lui allora a negarsi. Oggi noi continuiamo ad essere disponibili ad accordi con l'Udc, purché abbandonino definitivamente la vecchia "politica dei due forni" e scelgano una volta per tutte il centrodestra».
La Lega dà per scontato che il prossimo candidato alla guida del Veneto nel 2010 sarà il sindaco di Verona Flavio Tosi. Ha già deciso quale sarà il futuro ruolo di Giancarlo Galan?
«Il futuro politico di Galan lo deciderà prima di tutti un politico che gode di grandi consensi e un eccellente governatore che risponde al nome di Giancarlo Galan. Finora Giancarlo ha lavorato con risultati ottimi per la Regione Veneto, e spero di poter inaugurare con lui il Mose nel 2014. Sarà lui a decidere ciò che è bene per il Veneto e io lo ascolterò».
Il Friuli sta ospitando Eluana Englaro, forse per gli ultimi giorni della sua vita. Qualche tempo fa lei sosteneva che in queste vicende il Governo non dovrebbe intervenire, mentre venerdì ha varato un decreto urgente. Da cosa deriva questo cambio di indirizzo?
«Non c'è stato nessun cambio di indirizzo. Sui temi etici e su questioni come la vita e la morte, il nostro orientamento politico liberale è sempre stato per la libertà di coscienza. Ma in questo caso eravamo di fronte, nello stesso tempo, a una lacuna legislativa, perché il testamento biologico non è mai stato regolato, ma anche a un obbligo del Servizio sanitario pubblico per il quale non si può sospendere l'alimentazione e l'idratazione di una persona non autosufficiente. Se non avessimo deciso di intervenire, come abbiamo fatto, con un decreto legge per impedire l'uccisione di un essere umano che è ancora vivo e respira in modo autonomo, avrei sentito di commettere un'omissione di soccorso».
[08 febbraio 2009]