Alitalia: i piani di Air France su Malpensa
dal corrispondente Attilio Geroni
Il Sole 24 ore, 1° febbraio 2009
PARIGI - Jean-Cyril Spinetta non è un benefattore. Il presidente di Air France-Klm è un manager competente e stimato che dopo dieci anni di negoziati ha fatto del suo gruppo il partner industriale di Alitalia. Non se l'è comprata tutta, come stava per accadere l'anno scorso - e in tal caso sì che sarebbe stato un (involontario) benefattore -, ma alla fine gli è andata più che bene, anzi meglio, considerati i tempi bui dell'economia mondiale.
Ringrazia Silvio Berlusconi, ma con sincerità, senza ironia, «merci, Monsieur le premier ministre», per aver consolidato Alitalia con AirOne, mossa che in Francia e Gran Bretagna hanno fatto con almeno un decennio di anticipo. E giura che «non esiste alcun patto segreto, o lettera nella cassaforte» per arrivare presto al controllo della nuova compagnia di bandiera italiana.
Messo a segno il secondo grande colpo della sua carriera, dopo la fusione del 2004 con l'olandese Klm, a 65 anni Spinetta ha deciso di prendere un po' di recul, di distacco, dall'operatività quotidiana. Dal 1° gennaio ha lasciato il ruolo di amministratore delegato a Pierre-Henry Gourgeon. Il suo ufficio non è più a Roissy, ai bordi delle piste dell'aeroporto Charles de Gaulle, ma nel terminal parigino di Air France, VII Arrondissement, di fianco al Quai d'Orsay.
Dalle finestre vede ora un altro film: non più aerei che rullano, decollano e atterrano, ma la cupola dorata degli Invalides e, allo scoccare di ogni ora, quando fa buio, i cinque minuti del luccichio a pioggia della Tour Eiffel: «Molto più comodo per uscire la sera e andare al cinema o a teatro», sorride, in piedi e con le mani in tasca, davanti al panorama mozzafiato. Amenità che non lo distraggono dal ruolo di grande consolidatore del trasporto aereo in Europa. Uomo di visione strategica e negoziatore infaticabile (ne sanno qualcosa i sindacati francesi e italiani, che però lo rispettano) si occuperà soprattutto della "sua" Alitalia, dove siede in consiglio d'amministazione assieme a Bruno Matheu e all'olandese Peter Hartman, e dei nuovi possibili scenari di integrazione internazionale, straconvinto che il processo di consolidamento «andrà avanti, nonostante la crisi».
Signor presidente, dopo dieci anni di negoziati con Alitalia, si può dire che conosca la nostra compagnia di bandiera par coeur, a memoria. Può aiutarci a comprendere le cause di un disastro?
Non ho la pretesa di conoscere a fondo Alitalia. Conosco bene la mia compagnia e le dinamiche internazionali del trasporto aereo, descritto dagli americani come un'economia della densità.
Sembra complicato. Cos'è l'economia della densità?
Trattandosi di un'attività ad alta intensità di capitale - pensiamo solo all'acquisto degli aerei - significa che un Paese, una nazione, per prima cosa non deve disperdere le proprie forze tra più imprese dello stesso settore. Se guardiamo alle storie di successo, scopriamo che sono passate tutte attraverso una grande concentrazione dei mezzi nazionali. È accaduto in Gran Bretagna, dove British Airways è la risultante della fusione di tre compagnie. È accaduto in Francia, con l'integrazione negli anni 90 di Air France, Air Inter e Uta. Quindi la fusione Alitalia-AirOne è quasi un'ovvietà, una mossa che andava fatta da tempo. L'economia della densità ci dice anche che, dopo aver raggruppato i mezzi, questi stessi vanno riuniti geograficamente. E qui ovviamente parlo di aeroporti. Anche noi abbiamo avuto il problema Roissy-Orly e alla fine abbiamo decisione che Roissy sarebbe stato l'aeroporto prioritario.
Sì, ma oltre alla mancata concentrazione delle forze e degli aeroporti, quali sono stati gli altri errori della vecchia Alitalia?
Beh, a costo di sembrare banale, dirò che un'impresa significa anche controllo dei costi, un'ossessione permanente nel paragonarsi agli altri, nel misurare la propria produttivitià, assicurarsi che il personale lavori almeno quanto si lavora altrove, e se possibile meglio. Il pilastro dei costi è importantissimo, anche se ovviamente non bisogna trascurare quello dei ricavi.
Lei è diplomatico, Monsieur Spinetta. Potremmo dire che in tutti questi anni l'aspetto dei costi è stato dimenticato chez Alitalia?
Direi che sono stati dimenticati entrambi i pilastri di una sana politica aziendale: costi e ricavi. Per fortuna, nella nuova Alitalia, privata al 100%, non ci sarà più il peso della politica, e si partirà con basi nuove nel rapporto con il sindacato.
Perché tutto vada bene nel trasporto aereo, bisogna che il personale e le organizzazioni sindacali abbiano la certezza che a decidere sia il management. Diversamente, se hanno l'impressione che le decisioni vengano prese altrove, non può funzionare. Ho affrontato nel 1998 lo sciopero dei piloti, che è stato il mio battesimo del fuoco. Un'agitazione molto dura, per dieci giorni non si è alzato in Francia un solo aereo Air France. In più eravamo a ridosso dei Mondiali di calcio.
Abbiamo trovato una via d'uscita conforme alle esigenze dell'azienda per una semplice ragione: il governo (la compagnia a quel tempo non era ancora privatizzata, ndr) non si era immischiato nelle trattative. Cosa era successo? Al premier di allora, Lionel Jospin, prima di entrare a una riunione del suo partito un giornalista chiese: "Ma non intendete fare niente per questo sciopero, che rischia di rovinare la coppa del mondo?". La risposta di Jospin fu che no, lo sciopero non avrebbe avuto alcun impatto sulla manifestazione e che altre compagnie avrebbero portato i tifosi in Francia. Allora, era sabato e il mercoledì successivo sarebbero iniziati i Mondiali, i sindacati capirono di non avere il governo dalla loro parte. Firmammo l'accordo il giorno stesso.
Quando è stato annunciato l'accordo sul vostro ingresso nella nuova Alitalia, Les Echos ha titolato Merci Silvio. Grazie, per aver consegnato alla prima compagnia aerea mondiale, una società senza debiti, senza esuberi e con una posizione ancor più forte sul mercato interno. Lei ringrazia il premier italiano?
Penso che la fusione di Alitalia con AirOne sia stata un progresso notevole rispetto al dossier precedente. E da questo punto di vista mi sento di dire veramente: "Merci, Monsieur le premier ministre". Il fatto di aver riunito tutte le forze italiane del settore è stato un progresso immenso, che dà alla nuova Alitalia molte più possibilità di successo rispetto all'organizzazione del trasporto aereo precedente.
Allora, è migliore questo schema di partnership concordato con il Governo Berlusconi oppure il progetto di acquisizione che avevate presentato al Governo Prodi, dove vi facevate carico anche dei debiti?
Direi che l'apporto di AirOne fa la differenza: rappresenta allo stesso tempo il raggruppamento del potenziale del trasporto aereo italiano e una flotta moderna. In questo senso il piano del Governo Berlusconi è probabilmente migliore dello schema tentato col Governo precedente.
Quindi si sente di ringraziare anche il sindacato, la Cgil, per essersi opposto a quella prima configurazione?
Mah, non saprei…
Anche un no comment può essere carico di significati.
Ecco, allora rispondo: "No comment". L'eterna diatriba Malpensa-Fiumicino, e mettiamoci pure Malpensa-Linate, è una delle cause del disastro della vecchia Alitalia. Iniziare con tre voli intercontinentali all'aeroporto di riferimento di una delle regioni, delle zone più ricche e dinamiche d'Europa, non è un po' poco?
Il dossier degli aeroporti ha subito una certa evoluzione nel tempo. Il piano presentato dalla società acquirente di Alitalia alla fine di agosto ha messo sul tavolo, e senza lavorare con noi, due opzioni sul sistema aeroportuale. Una è Milano Malpensa, a patto però che venga ridefinita la vocazione di Linate come aeroporto specializzato sui voli interni. Oppure, se ciò non sarà possibile, si andrà su Fiumicino come piattaforma di riferimento. Roberto Colaninno e Rocco Sabelli, ricordo che eravamo a Parigi, alla sede di Air France, sempre alla fine di agosto ci hanno chiesto un parere e noi gli abbiamo risposto che entrambe le opzioni sembravano sensate e razionali, quindi valide per noi.
In un'economia della densità, com'è quella del trasporto aereo, si devono fare scelte chiare, nette. I compromessi troppo sottili, anche se all'inizio sembrano soddisfacenti, alla fine possono risultare deludenti.
La domanda che tutti si pongono in Italia, non soltanto i più maliziosi, è la seguente: quando Air France-Klm prenderà il controllo di Alitalia? Esiste un patto segreto per facilitare questa operazione in un dato momento?
No. Non esiste alcun patto segreto, nessuna side letter. Perché siamo una società quotata in Borsa, e quindi non avremmo il diritto di farlo. Perché nemmeno lo vorremmo. Il tempo in cui nel capitalismo francese si usava mettere certi documenti in cassaforte è finito dieci-quindici anni fa. Oggi ci sono obblighi stringenti di comunicazione al mercato, agli azionisti.
Quindi nulla di nulla?
Nulla, lo ripeto. Se non le clausole di lock-up che tutti conoscono. Durante i primi 4 anni gli investitori italiani iniziali possono vendere le quote soltanto tra loro e non a noi. Tra il quarto e il quinto anno anche Air France-Klm può entrare nel lotto di quanti possono acquistare dagli investitori italiani. E dopo il quinto anno un investitore iniziale potrà vendere a chi vuole, una volta rispettato il diritto di prelazione.
Avrete almeno degli obiettivi di aumento della vostra partecipazione?
Guardi, nelle clausole esiste anche la possibilità, per gli investitori italiani, di estrometterci nel caso lo volessero. Non volevano trovarsi nella situazione in cui questa specie di "poison pill" del 25% di Air France Klm avrebbe loro impedito di vendere a qualcun altro. Questo punto di vista ci è stato espresso e l'abbiamo tradotto, per loro, in una call option, ovviamente a un prezzo minimo predefinito.
Ecco, direi che con questo ci siamo lasciate aperte tutte le opzioni. Siamo fidanzati, l'ipotesi del matrimonio può verificarsi, ma anche quella di un'eventuale separazione. Di divorzio non si può parlare perché ancora non siamo sposati.
Che ruolo ha avuto la politica francese in questa trattativa?
A un certo punto ho espresso al mio governo l'importanza che attribuivo al progetto affinché il dossier potesse avere un esito positivo. L'ho fatto quando le trattative erano sufficientemente mature da sapere, sia dalla parte italiana che da quella francese, che cosa saremmo stati capaci di costruire assieme.
Ma ne ha parlato con il Governo o con l'Eliseo?
Diciamo con l'Esecutivo.
Ancora troppo diplomatico. A noi risulta, e l'abbiamo scritto nei mesi scorsi, che il dossier fosse stato seguito da François Perol, vicesegretario generale dell'Eliseo e consigliere di Nicolas Sarkozy per la politica industriale.
Conoscendo François Perol, che normalmente segue tutti i dossier importanti, direi che su questo aspetto non posso darle torto: in effetti ha guardato anche il nostro.
Mai incontrato Silvio Berlusconi?
No, almeno non ancora. Spero comunque di poterlo fare presto.
Nemmeno una telefonata?
No, nemmeno un coup de fil.
La risposta degli imprenditori italiani al progetto della nuova Alitalia è stata convincente? O si aspettava una mobilitazione maggiore?
Trovo che su un dossier talmente difficile e su una compagnia aerea dalla storia tormentata come Alitalia, la risposta degli imprenditori italiani sia stata rapida e positiva. Soprattutto si è espressa in un momento estremamente difficile per l'economia, in coincidenza con l'esplosione della crisi finanziaria. Che in un simile contesto - ricordo che ero a Londra a una conferenza Ubs, il giorno dopo il fallimento di Lehman Brothers - si sia potuto mettere assieme un tour de table di 850 milioni di euro, mi sembra un segnale forte di fiducia nei confronti dell'impresa. Il che non era scontato. In Francia, molti credevano che la cordata non si sarebbe mai materializzata e che dopo le prime adesioni si sarebbe assistito a fughe. A pensarci bene, tutti quegli imprenditori che tra la fine di agosto e gli inizi di settembre avevano aderito al progetto, avrebbero avuto più di una valida scusa per dire no in ottobre. E mi sembra che nella stragrande maggioranza dei casi ciò non sia accaduto.
Nei giorni scorsi avete lanciato un profit warning. Avrà un impatto sugli obiettivi di redditività della nuova Alitalia?
Diventa senz'altro più difficile andare bene in questo periodo. La nuova Alitalia, come tutte le aziende del settore, porterà i segni di questa congiuntura difficile. Quello che sta succedendo oggi a noi e a tutti gli altri concorrenti è una cosa mai vista, senza precedenti, e lavoro in questo settore da più di vent'anni.
È peggio dell'11 settembre 2001?
Nulla a che vedere, mi creda. Per utilizzare la terminologia del sismologo, la magnitudo di ciò che viviamo attualmente come industria aerea è di 3-4 volte superiore allo shock subito con gli attentati alle Torri Gemelle. La situazione è molto più difficile per il cargo poiché in questa fase la crisi colpisce per prime le aziende, i loro progetti d'investimento. Resiste meglio, invece, il traffico legato alle vacanze. Alitalia, ad esempio, che si è liberata delle attività cargo, dovrebbe risentire meno di questa situazione e mi sembra già una buona cosa.
Pioggia di aiuti statali per banche e auto. L'industria del trasporto aereo ne ha bisogno?
Credo e soprattutto spero di no.
Eppure le garanzie sui crediti all'export a favore di Airbus rappresentano una novità importante. In quanto cliente del produttore aeronautico, la nuova Alitalia potrebbe beneficiare di questo aiuto?
Credo e soprattutto spero di sì. Se non ho capito male, il problema dei banchieri che normalmente finanziano l'acquisto di aerei, è un problema di liquidità e di garanzie. I crediti erogati in questo caso dal Governo francese permetteranno di risolvere il problema della liquidità, mentre il sistema di copertura assicurativa sul credito, risolve quello del rischio. Le garanzie dello Stato permettono inoltre di ottenere degli spread creditizi molto interessanti nell'attuale congiuntura economica. Alitalia, non essendo la compagnia aerea di uno dei Paesi fondatori di Airbus, potrà beneficiarne. E di questi tempi, mi sembra decisamente una buona notizia.
AirOne più Alitalia rafforza il monopolio sulla Milano-Roma con il conseguente rincaro delle tariffe. In Francia avete ridotto le tariffe per fare concorrenza al Tgv. E in Italia?
Francamente non saprei quale potrà essere la politica commerciale di Monsieur Sabelli, cui spetta la decisione in materia, sulla tratta Milano-Roma.
Pensi che bel titolo sui giornali: ridotto il prezzo dei biglietti sui voli Milano-Roma. E che ritorno d'immagine per voi…
Molto dipenderà dal calendario dell'alta velocità ferroviaria in Italia.
Adesso sono 3 ore e mezza tra Milano e Roma, ma entro la fine dell'anno si scende a 3 ore.
Beh, allora sì, con 3 ore il treno comincia ad essere concorrenziale. Diciamo che un monopolio aereo di fronte a un monopolio ferroviario rappresenta una vera scelta per il consumatore. E può generare, in entrambi i concorrenti, una tale ottimizzazione dei mezzi di produzione da permettere loro di offrire delle tariffe attraenti. Posso quindi dire, dopo questa considerazione, che il Milano-Roma della nuova Alitalia rappresenta un falso monopolio.
Il processo di consolidamento del trasporto aereo andrà avanti nonostante la crisi?
Credo proprio di sì.
Nel senso che Air France Klm continuerà a consolidare?
Le cose non stanno esattamente così. Il consolidamento non è un'abilità. Quando ero in Italia l'anno scorso per incontrare i sindacati ricordo bene di aver detto loro: "Non sono venuto per comprare Alitalia, ma per vedere se assieme ad Alitalia è possibile costruire un leader europeo e mondiale". È questo il senso della nostra strategia e ci tengo molto che venga compresa poiché vedo che i media spesso sottovalutano questo aspetto.La decisione più importante, l'atto maggiore compiuto dall'Unione europea negli ultimi decenni è la creazione del mercato unico. E quando i capi di Stato e di Governo lo hanno fatto sono sicuro che nello stesso momento hanno pensato all'indispensabile nascita di leader europei dell'industria.