Sacconi: ma per ora la riforma non si fa
Cambiare tutto porta incertezza
Corriere della sera, 4 marzo 2009
Ministro, il governo si appresta a riformare le pensioni?
«No, in un periodo d’incertezza come questa non vogliamo aggiungere altra incertezza. E lo dice uno che la riforma delle pensioni l’ha fatta, col precedente governo Berlusconi, e sa che cosa significa anche solo parlarne. Faremo invece un intervento limitato alle dipendenti pubbliche, per applicare la sentenza della Corte europea », risponde il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.
Aumenterete cioè l’età per la pensione di vecchiaia delle statali, portandola da 60 a 65 anni, come per gli uomini?
«Sì, ma gradualmente».
Un anno ogni due a partire dal 2010.
«I dettagli ancora non sono definiti, ma la strada è resa obbligata dalla Corte di giustizia europea».
Confindustria, ma anche esponenti dell’opposizione, da Pier Ferdinando Casini a Enrico Letta, chiedono una riforma più incisiva.
«La richiesta della Confindustria mi suona un po’ di maniera, perché così si usa e fa liberal. Nella realtà, ogni giorno, le aziende fanno accordi per mandare in pensione i dipendenti che si avvicinano ai 60 anni. Casini e Letta, invece, sottovalutano la dimensione della crisi. Il mio amico Letta poi, non può chiedere adesso la riforma se il suo governo, quello Prodi, per accontentare la Cgil, è passato dalla "scalone" agli "scalini", con un’operazione che ci costerà 10 miliardi».
Chi vuole interventi più incisivi sostiene che così si potrebbero recuperare risorse aggiuntive per i sostegni a chi perde il lavoro.
«Le risorse che abbiamo stanziato sono sufficienti: per il biennio 2009-2010 ci sono 24 miliardi per gli ammortizzatori ordinari più 8 miliardi per quelli in deroga».
Il segretario del Pd, Dario Franceschini, chiede un assegno di disoccupazione universale.
«L’indennità di disoccupazione per tutti i lavoratori dipendenti c’è già e noi ne abbiamo previsto l’incremento. Il governo però non punta su questo strumento automatico che incentiva le imprese a liberarsi dei lavoratori, ma sui sostegni al reddito su base negoziale, come la cassa integrazione, perché questi incentivano le aziende a non licenziare, in attesa della ripresa ».
Che arriverà quando?
«Noi speriamo alla fine dell’anno o subito dopo. Nell’attesa, preferiamo mettere il motore della produzione in stand by anziché smontarlo. Anche il leader della Uil, Luigi Angeletti, ha giudicato positivamente la nostra impostazione, bocciando quella di Franceschini ».
La cassa integrazione in deroga, lo strumento sul quale punta il governo, copre tutti i lavoratori?
«Tutti i lavoratori dipendenti, compresi quelli delle piccole imprese, gli interinali, gli apprendisti, i contratti a termine».
Restano fuori i collaboratori a progetto.
«Per quelli con monocommittenza, circa 600 mila, abbiamo introdotto noi per primi un’indennità pari al 10% di quanto guadagnato l’anno prima».
Le Regioni, con le quali avete fatto l’accordo, sapranno gestire con efficienza gli ammortizzatori?
«Abbiamo cambiato le procedure per ridurre drasticamente i tempi di erogazione della cassa integrazione».
Il governo è in grado di stimare quanti posti di lavoro si perderanno nel 2009?
«No. Ma ho qui sul tavolo i dati sulla cassa integrazione e l’indennità di disoccupazione a febbraio. Cominciamo a entrare nella fase acuta della crisi. Nel bimestre gennaio-febbraio le ore di cassa integrazione ordinaria sono aumentate del 443% rispetto allo stesso periodo del 2008. Quelle della cassa integrazione straordinaria, spesso anticamera del licenziamento, per fortuna molto meno, del 26%. Le indennità di disoccupazione del 40%».
E lei è sicuro che i 16 miliardi stanziati per quest’anno bastino?
«Ragionevolmente sono tarati sull’ipotesi peggiore. Tutti gli accordi per gli ammortizzatori saranno finanziati ».
Enrico Marro