Intervista del Ministro Sacconi a il Sole 24 ore

intervista di Marco Rogari da "IL SOLE 24 ORE"

«La legge Biagi e un giacimento di idee»

Sacconi: «La situazione non consente di toccare pensioni e articolo 18, possibili solo manutenzioni»

Palazzo Marco Biagi: tra poche ore sarà questa la nuova denominazione dell`edificio di via Veneto 56, a Roma, dove è situata la principale sede del ministero del Welfare. «Una scelta emblematica», la definisce il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Che annuncia che successivamente saranno individuate altre sedi altrettanto «emblematiche e rappresentative» con le quali «riconoscere anche gli altri caduti per il lavoro sotto i colpi del terrorismo»:da Massimo D`Antona a Walter Tobagi, da Guido Rossa a Giuseppe Taliercio.

«Sono nomi che non dobbiamo dimenticare e che costituiscono un monito ai più giovani a non perdere il senso del lavoro», afferma il ministro ripensando a quella bicicletta che, lasciata sette fa anni per l`ultima volta da Marco Biagi sotto casa, «ha continuato» a muoversi.

«La legge Biagi, che ha un giacimento in parte ancora inespresso di opportunità, si è imposta anche ai critici più datati: nel Pd oggi nessuno chiede più di cancellarla né di modificarla», dice Sacconi. Il ministro fa capire che proprio sul solco tracciato da Biagi, anche attraverso le idee lanciate sul Sole 24 Ore di cui era assiduo collaboratore, si snoderà il Libro bianco sul welfare che sarà presentato dal Governo entro marzo.

A sette anni dal suo omicidio si ritrovano tracce dell`opera di Marco Biagi anche in provvedimenti molto recenti: dalla riforma del processo del lavoro al Ddl sugli scioperi nei servizi pubblici. Dobbiamo aspfoto: il ministro Sacconiettarci altri interventi riconducibili alle idee del professore?

Marco Biagi ha lasciato un`impronta indelebile. Abbiamo a disposizione un robusto filone di opere di grande qualità, con contributi di prim`ordine per la costruzione di un mercato del lavoro più trasparente e più incisivo. Ma l`impronta che ha lasciato consiste soprattutto in una vera e propria scuola: intorno al suo allievo che ne ha preso la cattedra, Michele Tiraboschi, si sono depositati un ambiente di ricerca e una rete di rapporti internazionali che contribuiscono a favorirne la prosecuzione del lavoro.

Un po` come se quella famosa bicicletta non si fosse mai fermata...

È così. Il caso della legge che porta il suo nome è emblematico: dopo l`insediamento nella scorsa legislatura del Governo Prodi, che era`espressione di una maggioranza nella quale molti avevano addirittura criminalizzato la,legge Biagi, c`è stata la soddisfazione di constatare che quell`Esecutivo ha confermato il provvedimento li- mitando le correzioni ad alcuni aspetti minori poi ripristinati dall`attuale Governo Berlusconi.

Vuol dire che tanto tuonò ma, alla fine, non piovve?

Proprio le parti della legge Biagi che erano state maggiormente contestate sono poi state quelle più intensamente applicate dal Governo Prodi. Penso alle collaborazioni a progetto che sono state accettate e confermate dall`allora ministro Cesare Damiano.

La riforma Biagi deve ancora essere completata. In che tempi?

Ora il percorso riformatore si incrocia con una grande crisi globale, che rende obbligata la strada della manutenzione degli strumenti che ci sono.

Ma non c`è il rischio che senza nuovi interventi i terreni del mercato del lavoro e del welfare diventino troppo aridi?

A sinistra c`è chi - come Piero Fassino che in due occasioni ha mosso civilmente a me una critica che devo ritenere si estendesse a una certa cultura riformista della quale Marco Biagi è un simbolo - sostiene che questo tipo di politiche lacerano il Paese, lo spaccano. Io credo, al contrario, che questo sia un riformismo dialogante, che non cerca la lacerazione sociale, ma che non si tira indietro quando altri la creano.

Sta dicendo che Biagi considerava la riforma che oggiportà il suo nome aprbva di tensione sociale?

Biagi era un uomo del dialogo. Ma poi, quando il dialogo non consentiva l`unanime consenso, Marco per primo non ha mai pensato di tirarsi indietro. I riformisti non hanno mai pensato di accettare il veto di minoranze politiche o sindacali che pretendono la regola per cui «senza di me non si fa nulla». Mi riferisco anche a Ezio Tarantelli.

Pensa che la storia di Tarantelli abbia, oltre al tragico epilogo, altri punti di contatto con quella di Biagi?

Tarantelli consigliò il gioco d`anticipo rispetto all`inflazione con la predeterminazione dei punti di scala mobile che tanto lacerò il Paese e portò fino al referendum. Anch'egli, come Biagi, era un riformista.

Sulla definizione di riformista ci sono diverse scuole di pensiero...

Un riformista, quando ritiene che sia necessario cambiare per il bene della società, non si sottrae allo scontro politico e sociale che altri vogliono imporre. La prova sta nella scienza esatta del "senno del poi": a distanza di tempo, vedo la gran parte degli oppositori all`intervento sulla scala mobile del 1984 riconoscere che avevamo ragione.

Vedo anche che nel Pd nessuno chiede di cancellare la legge Biagi. La lacerazione che si produsse con il Libro bianco di Biagi sembra ricondursi a un lontano passato.

Sta dicendo che è meglio metterci una pietra sopra?

È doveroso andare avanti. Io credo che valga per noi quello che disse Tony Blair delle sue riforme: di una sola cosa ci possiamo pentire, di non essere andati ancora più avanti.

Che cosa significa, sul terreno del lavoro, andare avanti?

Noi stiamo cercando anzitutto di attuare pienamente la legge Biagi. Basti pensare alla diffusione dei voucher, dei buoni lavoro per regolarizzare molti spezzoni lavorativi che, soprattutto nella società dei servizi, possono garantire il giusto accantonamento previdenziale. C`è poi la straordinaria novità dei contratti d`apprendistato, che noi siamo impegnati ad applicare in toto.

Il processo d`attuazione della riforma Biagi può riservare altre novità?

La legge Biagi ha un giacimento in parte ancora inespresso di opportunità. Allo stesso tempo ne costituisce complemento l`ultimo accordo di relazioni industriali, un cambiamento che Marco avrebbe senza dubbio apprezzato. Non a caso sosteneva come il baricentro delle relazioni industriali dovessero essere l`azienda e il territorio.

Resta il problema delle ricadute della crisi globale...

Oggi c`è` un`esigenza fondamentale di mantenere quanto più viva la base produttiva e occupazionale del Paese perché la grande crisi globale e la caduta della domanda potrebbero produrre l`effetto di ridurre questa base produttiva e occupazionale in termini irreversibili.

Il Pd vi accusa di fare troppo poco e propone un`indennità unica di disoccupazione. Perché dite no?

Il Governo ha scelto di sostenere nan tanto gli ammortizzatori automatici, come l`indennità di disoccupazione, ma di estendere a più beneficiari gli ammortizzatori su base negoziale in modo da poter filtrare, aggiustare attraverso il dialo- go, le prime propensioni alla deindustrializzazione, a quel rattrappimento di molte attività che potrebbe disperdere capitale umano.

L`opposizione però invoca misure strutturali e Confindustria spinge per un intervento sulle pensioni...

L`obiettivo di questa stagione non può che essere un "primum vivere". Solo successivamente, in una stagione di ripresa della crescita, potremo pensare di fluidificare ulteriormente i rapporti fra impresa e lavoro.

Quindi, per il momento niente riforme.

Questa non è la stagione dell`articolo 18, non è la stagione della riforma delle pen- sioni, non è la stagione della riforma dei sussidi ai disoccupati.

Quanto durerà il letargo dell`atteso progetto di riassetto del welfare?

Non si può parlare di letargo. Il disegno del nuovo welfare è già tratteggiato. Abbiamo fatto una consultazione pubblica sulla base del Libro verde elaborato nei mesi scorsi e nel giro di io giorni, al massimo entro questo mese, uscirà il nostro Libro bianco sul welfare.

Si tratta di una vera proposta di riforma o è solo una base di discussione?

La nostra aspirazione è farne un libro soprattutto di valori e di visione tale da poter essere condiviso al di là dei confini della maggioranza, perché abbiamo bi- sogno di riconoscerci in una nuova costituzione materiale relativamente al modello sociale.

Il Libro verde s`intitolava «La vita buona nella società attiva». È ancora questa la rotta del Governo per il nuovo welfare?

Il Libro bianco conserverà il nome dei Libro verde. La vita buona è fatta di molti ingredienti: lavoro, affetti, riposo. La società attiva, in particolare, era l`idea di Marco Biagi. La società aperta dove crescono i tassi d`occupazione e con essi anche i tassi di natalità; dove crescono i tassi d`apprendimento e quelli di mobilità sociale. Ed è questa società attiva che siamo impegnati a realizzare nel nome suo e delle sue intuizioni.

[18 marzo 2009]