Il pendolo tra mercato e «sociale»
Lettera al "Corriere della sera" di Giulio Tremonti, 17 marzo 2009
Caro Direttore,
ho letto e davvero con grande interesse l'illuminante articolo di Angelo Panebianco pubblicato ieri sul Corriere della Sera sotto il titolo «Il mercato nell'angolo». Appena un anno fa il centro del libero mercato era negli Usa, il centro del libero mercato degli Usa era nella borsa di Wall Street, il centro di Wall Street era fatto da titoli bancari e finanziari.
Oggi questo centro — il centro del centro del centro — non è più a Wall Street ma a Washington. Non è più nelle mani del mercato, è nelle mani dello Stato.
Dall'inizio della crisi ad oggi, la mano dello Stato si è infatti mossa in salvataggio di più di 400 banche e finanziarie Usa. Fatti due conti, viene fuori una media di 5 interventi alla settimana, 1 ogni giorno lavorativo. E non solo banche e finanziarie: compagnie di assicurazione ed aziende automobilistiche, i mutui delle famiglie ed in prospettiva le pensioni di tanti americani.
In giro per il mondo, non è molto diverso. E non è molto diverso neppure in Europa, dove le banche salvate con denaro pubblico sono finora state 33.
Tutto ciò non è stato e non è perché lo Stato ha trionfato, ma perché il
mercato ha fallito. Anzi, per la verità, è perché hanno fallito tutti e due, tanto il mercato, quanto lo Stato. Il mercato ha fallito per eccesso, lo Stato per difetto.
Perché questo doppio fallimento?
Perché, con la globalizzazione, mentre cresceva la forza del mercato, configurato come il fondamento di una nuova religione terrestre, decresceva simmetricamente la forza dello Stato. Via via che con la globalizzazione cresceva la forza dell'economia, lo Stato rinunciava ad esercitare una delle sue funzioni sovrane: rinunciava al monopolio nel battere la moneta. Nell'età della globalizzazione anche le banche private potevano infatti battere, e perciò battevano la loro moneta. Una moneta addizionale che prendeva forma nei più incredibili strumenti finanziari. Una moneta fondata sul debito e perciò stampata sul nulla. È così che la moneta cattiva ha via via sovrastato la moneta buona. Ed è proprio nella implosione di questa nuova e privata massa monetaria la causa della crisi che vediamo e viviamo.
È per reazione a tutto ciò, e per compensazione, che si assistite ora al ritorno dello Stato. È troppo, è eccessivo? Per cominciare, va detto che è stato ed è necessario: primum vivere! E poi? E il futuro?
Per cominciare lo Stato in cui ancora viviamo, lo Stato in cui ci riconosciamo, è un tipo particolare di Stato. Un tipo di Stato che, non per caso, si chiama Stato di diritto.
In questo tipo di Stato il mercato non può esistere fuori dal diritto o fabbricarsi un diritto alternativo e suo proprio. È sempre stato così in tutto il mondo libero, anche nel mondo anglosassone, dominato nel diritto pubblico dalla Rule of law e nel diritto privato dalla Common law. Non per caso tutte e due queste formule contengono la parola law e cioè la parola legge. È stato così fin dal principio del liberalismo e sarà così fino alla sua fine.
In questi termini costituzionali e fondamentali, l'alternativa non è dunque tra Stato e mercato, come se Stato e mercato fossero e/o potessero essere due variabili tra di loro indipendenti. L'alternativa è piuttosto, all'interno dello Stato, tra mercato e
sociale. Come bene scrive Panebianco. Il fatto disastroso è che nell'ultimo decennio il pendolo, certo più altrove che in Italia, non ha oscillato all'interno del quadrante, ma è uscito dal quadrante del diritto.
Quello che può e deve ora essere fatto è perciò riportare il pendolo dentro il quadrante, non essendoci alternativa allo Stato di diritto.
Fatto questo, quale è la parte giusta del pendolo: è il mercato o è il sociale?
Non credo che ci sia una ipotesi assolutamente giusta. Credo che esistano ipotesi relativamente giuste.
Nella nostra storia più recente il pendolo è andato ritmicamente da un lato all'altro del quadrante, dall'Iri alle privatizzazioni (tutte fatte bene, tutte ci hanno fatto bene?).
Nel durante della crisi e nel dopo della crisi è — a mio personale parere — più probabile che la parte giusta sia quella del sociale.
Può essere che un po' dopo il pendolo prenda di nuovo a muoversi dall'altra parte. Niente di male, basta che sia un pendolo che resta dentro il quadrante del diritto.
Giulio Tremonti
[17 marzo 2009]