L’Italia riporta dopo decenni il G8 alla sua dimensione originaria di organismo che si prende cura dei problemi del mondo, anziché compiacersi di passerelle auto celebrative.
Vale la pena di ricordare come nacque questo summit permanente: la prima idea è degli americani, nel 1974, come risposta ad un’altra recessione, quella causata dalla grande crisi petrolifera. Era un G5 – Usa, Giappone, Francia, Gran Bretagna e Germania – e si chiamava sobriamente Library Group. L’anno dopo il summit divenne G6 allargato anche all’Italia a Rambouillet , in Francia. Il tutto ancora in una cornice di sobrietà. Poi si aggiunsero via via il Canada, la Comunità europea e infine la Russia, e dopo le economie emergenti. La missione iniziale della consultazione – prendersi cura dei problemi del mondo – si era andata sempre più trasformando nel suo opposto: gli stati ricchi e potenti che celebravano se stessi chiusi in bunker dorati, con foto di gruppo su sfondi turistici ed autopromozionali, improbabili gite e “impegno sociale” di first ladies, e negli ultimi tempi la violenza dei no global e le cariche della polizia e dei corpi speciali. La gente comune, l’opinione pubblica, dava un’occhiata distratta a giornali e tv, e magari si irritava.
Serviva ancora un apparato di questo tipo? Serve soprattutto alle democrazie dell’Occidente, o la faccenda minacciava di degenerare nel miglior pretesto per i violenti?
Il Governo riporta il G8 in mezzo alla gente, alle prese con i problemi concreti non tanto dei terremotati, ma di un mondo che si lecca ovunque qualche ferita. Che si chiami crisi economica, sottosviluppo, economie emergenti o catastrofi naturali e ambientali, i big tornano ad una dimensione di serietà e rigore.
Quanto al nostro Paese, l’emergenza economica mondiale si incrocia con il terremoto d’Abruzzo e con la ricostruzione. Si trattava di portare i potenti della Terra a diretto contatto con una situazione di grande disagio, ma anche di grande dignità e di efficienza da parte dello Stato. A luglio la macchina del dopo-emergenza, della ricostruzione di quegli alloggi provvisori destinati poi a diventare campus universitario, sarà a pieno regime. I leader mondiali potranno toccare con mano tutto questo, e se la loro solidarietà si farà più concreta tanto meglio.
Questo è il senso della decisione di ieri, al di là dei soldi che farà risparmiare e ai quali comunque non si dice di no. Anche gli effetti indiretti che il leader del governo italiano potrà valutare se la macchina organizzativa del “nuovo” G8 sarà messa a punto in soli due mesi, costituirà un grande punto di forza dell’immagine italiana. E tuttavia appaiono questi i giorni più adatti per rassicurare con poche, puntuali parole la popolazione sarda che qualche settimana fa ha tributato a Berlusconi – e soprattutto al suo impegno diretto nell’isola – un successo senza precedenti… Si potrebbe facilmente ribadire che gli impegni infrastrutturali assunti per il G8 saranno tutti rispettati, sia pure con un minore affanno nei tempi di realizzazione. Si potrebbe annunciare che nell’arcipelago più bello del mondo il premier pensa di organizzare il G20 nel 2011.
[27 aprile 2009]