La definisce una «rivoluzione conservatrice». Parla di «popolo» che deve «riprendere coscienza di sé». In contrasto indica il ruolo negativo delle «élite autoreferenziali», accusando le «minoranze borghesi». A sentirlo, di primo acchito, uno immagina di parlare con un reduce del ’68, non con un ministro del governo di centrodestra. Ma, al di là della lunga militanza socialista che riaffiora, ciò che Maurizio Sacconi oggi pare voler riproporre è una domanda cruciale: parafrasando un vecchio slogan come si 'serve' oggi il popolo? Una prima risposta secondo il responsabile del Welfare sta nel Libro bianco «La vita buona nella società attiva», presentato nei giorni scorsi.
Nel Libro bianco si legge chiaramente un’impostazione valoriale che parte dalla tutela della vita e passa per la centralità della persona, della famiglia e della comunità, esaltando sussidiarietà e ruolo dei corpi intermedi. È questa la visione 'rivoluzionaria'?
Sì, l’aspirazione che ci ha mosso è stata quella di redigere un documento che interpretasse il 'senso comune' del popolo e non il 'luogo comune' delle borghesie autoreferenziali. È un contenuto profondo che va risvegliato, c’è bisogno che il popolo riprenda coscienza di sé e del proprio naturale ruolo preminente. Anche sul piano culturale, rispetto a quelle élite, a quelle minoranze borghesi che non sono mai state capaci di contemperare i propri interessi particolari con il bene comune.
Sembra un proclama rivoluzionario...
Sì, è una rivoluzione conservatrice. Si conservano i valori di fondo e si modernizza il modo di declinarli per farli incontrare con la realtà che cambia.
Ma non si rischia di fare troppa filosofia e dare invece poche indicazioni pratiche?
Questa era ed è l’intenzione dichiarata dal documento. Volevamo delineare dei valori e una visione che facessero da cornice. Volevamo ricominciare dalla costituzione materiale del Paese, sperando di fissare indicazioni che potessero essere largamente condivise. Poi a valle di questo faremo i piani d’azione per i singoli aspetti.
Proviamo a declinarne qualcuno. Nel Libro bianco si parla di Paese lacerato, Nord e Sud distanti...
Certo, prendiamo la sanità. Ricomporre il Paese significa, ad esempio, puntare sul territorio per dare concretezza alla centralità del persona anche nei servizi socio-sanitari- assistenziali. E al Sud, evidentemente, importare quei modelli di intervento efficiente sperimentati al Nord. Alcune regioni, come Campania, Calabria, Molise e Sicilia hanno disavanzi non più sopportabili. Se entro l’estate non li avranno sanati in maniera strutturale arriveremo al commissariamento.
La frattura, però, si ricompone soprattutto favorendo occupazione e sviluppo.
Ma questo non si fa aumentando semplicemente la spesa pubblica, quanto migliorandone la qualità. Politiche pubbliche efficienti sono la premessa per attrarre investimenti e garantire l’effettività dei diritti alla salute e all’occupabilità.
Nel documento si definisce molto bene il ruolo della famiglia, poi però per il suo sostegno si rimanda a un orizzonte che appare ancora lontano.
No. I sostegni alla famiglia indicati sono tanti, in particolare la conciliazione degli orari, i servizi domiciliari per i non-autosufficienti, l’utilizzo dei voucher e lo sviluppo dei servizi alla persona. Quanto agli aiuti attraverso la leva fiscale, fermo l’orizzonte del quoziente, si indica la necessità di tornare, appena i conti pubblici lo permetteranno, al sistema delle deduzioni che erano già state introdotte e che il governo di centrosinistra ha improvvidamente cancellato.
Lavoro e ammortizzatori sociali: c’è la possibilità di armonizzare le vostre proposte con quelle dell’opposizione?
Dipende da quali proposte si esaminano: le visioni, anche nel Pd, sono molto differenziate. Le istituzioni europee e diverse ricerche hanno lodato le nostre scelte di allargare gli strumenti come la cassa integrazione, evitando la fuoriuscita dei lavoratori dalle aziende. Al contrario, se si fossero seguite le costruzioni illuministiche di 'assegni generalizzati' ci troveremmo oggi con centinaia di migliaia di licenziamenti in più. Molti, poi, a sinistra negano il ruolo degli enti bilaterali e delle parti sociali. Sul resto, invece, si può discutere insieme.
Nel frattempo sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale sulla legge 40. Come agirete, adesso?
Le motivazioni sembrano andare anche oltre il dettato della sentenza. Confermando la sensazione che, da parte di qualcuno, ci sia sempre l’idea di sconfiggere il Parlamento del popolo attraverso la scorciatoia della giurisprudenza. In ogni caso, anche le motivazioni confermano il principio secondo cui le tecniche di procreazione – ora affidate alla scelta del medico – non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario. L’embrione, infatti, non è un puro mezzo farmacologico. Ora ripartiamo dalla riaffermazione di questo principio e al più presto emaneremo le nuove linee guida in materia.
Di Francesco Riccardi, tratto da Avvenire del 10 maggio 2009
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[10 maggio 2009]