Caro direttore, oggi entra in vigore la riforma del processo civile dal governo proposta e dal Parlamento approvata con l' intento di aggredire il principale nemico della nostra giustizia: la sua lentezza. Siamo consapevoli che il processo civile non evoca le suggestioni del processo e del diritto penale che, trattando le libertà personali, suscita passioni e polemiche anche aspre. E anche di questo ci stiamo occupando. Però abbiamo preferito cominciare dal processo civile che è lo scrigno dentro il quale vengono tutelate le libertà economiche di ogni cittadino quando queste vengono messe in discussione e sottoposte alla valutazione dei giudici in un processo che non dovrà più durare dieci anni.
La scelta del presidente Berlusconi di intraprendere il difficile cammino delle riforme della giustizia partendo dal processo civile non è casuale: la paralisi imprigiona una enorme quantità di ricchezza, una risorsa occulta che è indispensabile restituire al circuito economico in un periodo di crisi. Ma non solo: alla giustizia civile i cittadini affidano i loro affari privati e personali, per dirimere le loro controversie e ristabilire il diritto nel quotidiano, lontano dai clamori e dall' umanità sofferente che affolla le aule penali, ma più vicino al vissuto quotidiano dell' uomo comune. Per questo è apparso naturale iniziare da questa riforma per dare attuazione al principio della ragionevole durata del processo, riconosciuto come diritto di ogni cittadino dalla Costituzione.
La legge che oggi entra in vigore, oltre a contenere i tempi processuali, mira ad introdurre nel nostro sistema un differente approccio culturale alla risoluzione dei conflitti civili. Il nostro impegno è stato rivolto anzitutto a rendere più razionale il sistema processuale, eliminando sprechi di preziose energie. In quest' ottica si è puntato così sulla riduzione del numero dei riti: oggi quasi trenta, una giungla procedimentale ormai intollerabile.
Il Parlamento ha concesso una delega di 2 anni ma, nonostante la delicata materia, faremo prima.
Sono stati, poi, resi omogenei e più brevi molti termini processuali, è stato introdotto l' obbligo per il giudice di fissare il calendario del processo, con l' indicazione di tutte le scadenze e della durata complessiva del giudizio e sono stati ridotti i formalismi per garantire che la causa venga rapidamente decisa nel merito. Le parti sono state rese corresponsabili dei tempi del processo, grazie a una disciplina delle spese processuali che premia la conciliazione e sanziona i comportamenti in mala fede volti ad allungare la durata del processo. Ed inoltre una scelta di campo a favore del processo telematico: le notifiche via mail come forma ordinaria di comunicazione tra i protagonisti del processo.
Nuovi ed importanti istituti giuridici sono stati previsti per ridurre la rigidità delle forme del processo (ma a parità di garanzie!), consentendo di modularlo a seconda della complessità della causa, come il procedimento sommario di cognizione, la testimonianza scritta e le nuove misure coercitive per assicurare l' esecuzione delle sentenze. Più chiarezza per i cittadini: la sentenza sarà semplificata e più comprensibile dovendo essere concisa e potendo limitarsi a richiamare precedenti conformi.
Per la prima volta nella storia del nostro ordinamento è stato introdotto un filtro per i ricorsi in Cassazione, che consentirà alla suprema corte di acquistare maggiore autorevolezza, concentrando le proprie energie solo sulle questioni nuove e di maggiore rilievo, senza pregiudicare la possibilità per le parti di rivolgersi ad essa. È stata generalizzata, poi, la mediazione, uno strumento che consentirà ai cittadini di risolvere le loro liti in 4 mesi senza andare in tribunale, ma rivolgendosi ad un esperto che li aiuterà risolvere la controversia con logiche diverse dall' alternativa necessaria tra il torto e la ragione e cercando, invece, di consentire a tutti i litiganti di trarre il maggior utile possibile.
Siamo consapevoli che nessuna riforma è sufficiente, da sola, a sconfiggere il nemico rappresentato dalla eccessiva durata dei processi, che continuerà ad affliggere il nostro sistema fino a quando non verrà eliminato il pesante debito pubblico giudiziario, costituito dagli oltre 5 milioni di cause pendenti. È questa la nostra prossima sfida: far correre la giustizia italiana togliendo dalle sue spalle lo zaino di piombo dell' arretrato. A tal fine è indispensabile la leale collaborazione dell' avvocatura italiana, chiamata ad affrontare una importante sfida riformatrice, e sono allo studio ulteriori importanti interventi straordinari, sia sul piano delle risorse che sul piano normativo.
È un compito arduo che deve vederci uniti verso la meta, giacché, parafrasando Calamandrei, la lentezza della giustizia non è come quei veleni di cui certa medicina afferma che presi in grandi dosi uccidono, ma presi in piccole dosi risanano. La lentezza della giustizia, anche in dosi omeopatiche, avvelena le relazioni tra i cittadini ed il sistema economico. Angelino Alfano