Un successo pieno, e ora c'è chi rosica
La prima giornata di ogni G8 è quella che definisce l'impegno di chi questi summit li organizza, ne prepara l'agenda, ne cura l'accoglienza. Ieri, all'Aquila ed anche a Roma, è stato un coro di elogi per l'Italia, di attestati di amicizia e rispetto per Berlusconi, di adesioni non rituali e non generiche ai contenuti dell'agenda italiana su tre grandi questioni: economia, clima e politica estera.
Ora, dicevamo, c'è chi rosica, perché secondo le previsioni della nostra sinistra politico-mediatica, nonché della stampa internazionale con essa simpatizzante, quella di ieri avrebbe dovuto essere la giornata delle rivelazioni imbarazzanti, della messa sotto accusa della leadership italiana e del capovolgimento dell'agenda del G8, della freddezza da parte dei grandi della Terra perfino nelle strette di mano e nelle foto con il nostro premier.
Qualcuno ha visto nulla di simile?
Barack Obama, reso il dovuto omaggio alla statura morale di Giorgio Napolitano, di cui era ospite, ha subito utilizzato la presenza al Quirinale per elogiare il governo: "Una forte, straordinaria leadership, uno splendido lavoro del Paese che ospita il summit sui temi del G8 dimostrata dal governo italiano, che è un vero e grande amico degli Stati Uniti". Per i cultori dei rituali quirinaleschi - che vogliono la presidenza della Repubblica luogo di garanzia ma super partes rispetto alla giostra politica - è uno strappo alla liturgia, ma uno strappo felice e non retorico del quale, ne siamo certi, lo stesso Napolitano non potrà che rallegrarsi.
Mastica amaro chi fino a poche ore fa aveva descritto un Berlusconi ed un governo di Roma isolati dagli altri leader, in particolare da Obama dopo gli otto anni di stretto rapporto con Bush. Oggi perfino Repubblica, attraverso uno dei suoi inviati più antipatizzanti verso questo governo, ammette: "Con la forza che la sua figura sprigiona e con il prestigio ineguagliato della nazione che rappresenta, Obama ha detto all'Italia che al tavolo dei paesi che aspirano alla guida del mondo un posto per noi c'è ancora e deve esserci. Questo è il risultato vero che il nostro Paese, il governo Berlusconi ed i futuri governi italiani incassano nel primo giorno decisivo del G8, e che l'Italia può riporre in cassaforte nei quattro od otto anni nei quali Barack Obama resterà presidente".
Insomma: il governo ha lavorato benissimo non solo per sé, ma per il Paese ed anche per chi verrà dopo. Ma non dovevamo addirittura essere espulsi dal G8? Ma Obama non aveva preso le distanze dal centrodestra berlusconiano, inserendo visite e incontri con Berlusconi "all'ultimo posto della lista"?
In realtà si sorprende solo chi ha mistificato i fatti
Berlusconi è già stato alla Casa Bianca, secondo leader europeo dopo Gordon Brown, l'amicizia con il democratico Obama si sta rivelando altrettanto forte e produttiva, anche se certamente diversa nello stile, di quella con il repubblicano Bush.
È bene ricordare che i leader mondiali non sono tenuti ai salamelecchi, ad omaggi non dovuti. Né negli incontri bilaterali, ancor meno in summit planetari come questo, dove sono tutti assieme sotto i riflettori e tutti vengono giudicati in rapporto agli altri dalle rispettive opinioni pubbliche.
E dunque, restando a Washington, ecco Michael Froman, capo sherpa di Obama, liquidare con una risata addirittura il New York Times, che si era frettolosamente accodato al Guardian nel definire inadeguata l'agenda italiana.
Ma venendo a Londra, ecco Gordon Brown, che tra poco affronterà delle elezioni davvero difficili, contraddire platealmente quella che qui in Italia viene pomposamente definita "la stampa britannica", un must della sinistra: "Carissimo Silvio", dice Gordon Brown all'arrivo. Ma soprattutto: il governo inglese ha aperto dopo molte esitazioni alle regole di vigilanza comuni sulla finanza mondiale, fortemente volute dall'Italia e dalla Germania per combattere la crisi economica, ed impedirne di altre. Un sì per molti inatteso, che coinvolge anche gli Usa.
Ecco ancora Angela Merkel, che secondo "i bene informati" sarebbe stata consigliata da qualsiasi contatto diretto con Berlusconi, vivere una giornata di grande cordialità umana e personale, passando dalla visita alle macerie di Onna alla condivisione con l'Italia di tutti i temi sull'agenda del G8. Ecco Nicolas Sarkozy assumersi il compito di illustrare la posizione comune raggiunta "sotto la regìa italiana" sulla politica estera e sull'Iran; due temi che non sono noccioline.
Ecco infine le first ladies - che un appello delle nostre intellettuali di sinistra aveva invitato a starsene a casa per protesta - presentarsi in gruppo in Campidoglio, con l'eccezione ormai di routine di Carla Bruni, in Vaticano, visitare Roma, mostrare un altissimo gradimento per l'accoglienza delle ministre Gelmini e Carfagna e della consorte del sindaco Alemanno.
Insomma, non uno delle previsioni e degli auspici di oltre due mesi di campagna stampa contro Berlusconi, contro il governo e contro l'Italia, non uno dicevamo è andato a segno.
Questo sul piano della forma, che però in simili occasioni è anche sostanza.
Sul piano dei contenuti
La famosa agenda "preparata male", che avrebbe dovuto farci espellere dal G8 perché così avevano deciso Repubblica ed i suoi amici - tutto il lavoro preparatorio è stato accolto. Economia, clima, politica estera.
I famosi "legal standard" internazionali, le regole comuni sulla vigilanza dei mercati: l'Italia li aveva chiesti per prima, con la Germania. Usa e Inghilterra avevano esitato gelosi della loro autonomia economica e monetaria. Ma il documento uscito dal G8 finanziario di Lecce ha avuto l'ok di tutti i capi, Usa e Russia compresa. Ora dovrà essere definitivamente sottoposto al G20 di Pittsburgh, ad autunno in America. Ma dopo questo via libera non si torna indietro.
Chi rosica - indovinate: Repubblica - lo definisce "un sedicente accordo di impianto quasi moroteo", come se la parola moroteo sia nel vocabolario di Obama, Sarkozy, Medveved per non dire Berlusconi. Bene: quel "sedicente accordo" è così commentato da Paul Samuelson, nobel per l'Economia, nonché liberal a tutto tondo: "Proposte azzeccate. Elogio l'Italia e l'Ocse per l'iniziativa".
Accolto anche l'accordo sul clima, nonostante si sappia che oggi sarà difficile farlo mandare giù a Cina ed India. Accolto il nuovo piano di aiuti all'Africa, ed oggi saranno all'Aquila Gheddafi e Mubarak, invitati personalmente da Berlusconi.
La "scossa" c'è stata, sì, ma nel senso opposto di quanto molti si auguravano. La scossa l'hanno data questi otto Grandi, e l'Italia a pieno titolo tra loro che ha organizzato tutto in un clima tutto sostanza e niente sfarzi, tra le macerie dell'Aquila, simbolo di una sobrietà e di una nuova ricostruzione necessaria a tutte le latitudini, a cominciare dall'economia. Non a caso, lo slogan del summit, "People first" la gente al centro di tutto, rispecchia quello di Obama ed il "nessuno sarà lasciato indietro" del nostro governo.
Naturalmente non c'è da illudersi, gli agguati mediatici e le finte trappole politiche restano dietro l'angolo. Ma il riconoscimento di un anno di buon lavoro del governo italiano è giunto unanime dai grandi della Terra, a cui si aggiungeranno le economie emergenti. Il governo, dunque, può guardare avanti godendo della stima e della fiducia degli elettori e dei partner mondiali. Chi descriveva un'Italia emarginata può considerasi servito. Ieri sera, nella carrellata dei telegiornali mondiali, dalla Cnn alla Bbc a France 2, abbiamo ascoltato analisi e riconoscimenti concreti, nel merito. Nessun accenno a ciò che tanto delizia una certa nostra sinistra. Nessuna scossa.
Qualcuno, dall'altra parte, oltre a masticare amaro, comincia a rendersene conto e tenta l'ennesima capriola. "Non esiste la possibilità neppure tecnica di espellere qualcuno dal G8" concede acutamente Massimo D'Alema, l'uomo della scossa. Certo, D'Alema, da esperto qual è, parla di "possibilità tecnica". Qualcuno a questo punto potrebbe magari chiedere: D'Alema chi?