Basta soldi a pioggia per spettacoli inutili
Strano Paese, il nostro. Tutti in coro chiedono di tagliare i tanti carrozzoni di Stato e le tante “lobbies” corporativistiche che tendono a perpetuare assistenzialismi, priviligi e favortismi, finendo per dissanguare le casse pubbliche, poi, quando si tratta di usare finalmente le forbici, ecco che gli addetti interessati insorgono per difendere con i denti il loro “particolare”.
È successo anche con gli operatori dello spettacolo che sono scesi in campo contro le riduzioni degli stanziamenti già previsti. Intendiamoci, siamo tutti d'accordo sul fatto che la cultura, così come la scuola, debba essere salvaguardata in tutte le maniere, ma attenzione, però, a non fare di ogni erba un fascio.
Nel senso, cioè, di continuare con i soliti finanziamenti a pioggia che, in molti casi, sono serviti a mettere in piedi spettacoli che, di culturale, avevano davvero ben poco. Basterebbe guardare, al riguardo, l'elenco dei 90 film prodotti mediamente dall'Italia ogni 12 mesi (con un costo doi 300 milioni di euro l'anno): si scoprirebbe, così, che solo pochissimi di questi film hanno un mercato, con ricavi cioé positivi.
Quando ministro era Veltroni
La maggior parte, invece, si rivela un "flop" e resta nel circuito delle sale cinematografiche solo per pochissimo tempo. Soprattutto quando ministro dei Beni culturali era Walter Veltroni, lo spettacolo era diventato una specie di idrovora, una macchina mangiasoldi che ingoiava contributi statali come noccioline. Qualche cifra? Tra il 1994 e il 2007 lo Stato ha finanziato la produzione di 500 film con una "torta" di 730 milioni di euro. Ottenendo un bel risultato: i botteghini del cinema piangono, ma non gli addetti ai lavori che, nel frattempo, sono diventati sempre più faraoni.
È vero che il primo contributo pubblico allo spettacolo risale, addirittura, al 1861 e che molti enti lirici sono già adesso, prima dei previsti tagli, sull'orlo del fallimento, ma è altrettanto vero che il Paese non può più consentirsi di gettare denaro dalla finestra. In quel caso, a fallire sarebbe l'intera Italia Spa e non solo qualche teatro.
[24 luglio 2009]