"Esaudire le richieste del 'visitatore-cliente'", un linguaggio nuovo e nei musei più sorrisi, comfort, pulizia e direttori più motivati. È la nuova ricetta per la valorizzazione del patrimonio culturale, la cui istituzione - con una direzione generale creata appositamente - rappresenta il punto saliente della riforma del Ministero dei Beni e Attività culturali, che entrerà in vigore nei prossimi giorni.
Le linee-guida sono state presentate con una conferenza stampa che ha visto la partecipazione anche del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, del ministro Sandro Bondi e del neo direttore generale Maio Resca.
"In questo primo anno abbiamo puntato il nostro lavoro su due obiettivi - ha rivendicato Bondi:
Secondo Bondi, quindi, occorre "una vera e propria rivoluzione", che faccia leva su una capacità manageriale in grado di unire "il mondo della cultura e quello dell'impresa". Basta con la mera tutela e conservazione, che troppo spesso "frena lo sviluppo economico del Paese", dunque, a favore di una strada che riesca a "lasciare tracce anche del nostro presente".
L'intenzione del ministro è quella di "liberare la cultura dall'intervento dello Stato, perchè proprio quei settori meno legati a esso hanno raggiunto i risultati migliori". Lo strumento dovrebbe essere quello della defiscalizzazione, come dimostra il caso del Fondo unico per lo spettacolo.
"Il parziale reintegro del Fus sarebbe una boccata d'ossigeno - ha ammesso il ministro - ma più che risorse servono riforme. Non è solo necessario aumentare gli stanziamenti, ma fare in modo che le risorse vadano su progetti qualificanti. Spesso, e l'ho constatato proprio qui, le poche che avevamo si sono disperse in 1.000 rivoli".
"Bisogna adottare un linguaggio nuovo, capace di capire e comunicare le esigenze del 'visitatore cliente' - ha detto il neo-dg Mario Resca, che ha definito quella al Mibac la sua 'ultima sfida a livello professionale. La domanda turistica legata ai beni culturali è passata in dieci anni dal 18 al 35 per cento ed è qui che bisogna mirare, perchè una lira investita in cultura si moltiplica per sei nell'indotto. E poi serve un'alleanza fra pubblico e privato".
Fra i programmi che prenderanno il via, anche uno mirato alle scuole, chiamato "back to school", per portare i musei fra i banchi degli istituti.
La cultura, insomma, come asse strategico dell'economia nazionale, dal momento che è "l'unico patrimonio che non si può de localizzare", come ha ricordato Berlusconi e nessun civiltà del passato, al contrario di quella italiana, "può ancora avere cose da dire al mondo".
"Nell'immediato dopoguerra eravamo i primi per numero di visitatori e oggi veniamo dopo Spagna, Francia, Stati uniti, Cina e recentemente anche Germania. Non è accettabile che in un Paese come il nostro la risorsa turistica incida solo per il 10,6 per cento del Pil contro il 20 per cento della Grecia, o che i musei chiudano alle sei di pomeriggio. Devono essere aperti la sera, il sabato e la domenica, ma non con una gestione centralizzata".
Un limite allo sviluppo, infatti, secondo il presidente del Consiglio è costituito dal fatto che il ricavato dei biglietti oggi "è incamerato dallo Stato", cosicché non c'è "nessuna spinta per i direttori" a fare meglio.
Sarà quindi necessario "attrarre nuovi visitatori, a partire dalla promozione, con pubblicità pura su tv e giornali ma anche con manifestazioni".
Mercato privilegiato, i potenziali turisti di "Cina, India e Russia, che fra le loro curiosità turistiche indicano il Vecchio continente e all'interno di esso, l'Italia".
[30 luglio 2009]