La Corte dei Conti vuol vederci chiaro nella contabilità amministrativa dell’azienda-partito di Di Pietro e nello strano caso dei rimborsi elettorali all’insegna dei due forni: undici milioni di denaro pubblico assegnati al partito Idv, ma incassati - caso unico- dall’associazione Idv che fa capo a tre soli soci, cioè l’ex Pm, un suo familiare e un fiduciario. Un alto magistrato conferma che è stato aperto un fascicolo (“Istruttoria aperta, concerne varie questioni”), che dovrà dipanare la complessa matassa della destinazione e del corretto uso di denaro dei contribuenti da parte del Grande Moralista.
Dice Di Pietro che si tratta di un accertamento “doveroso e fisiologico”: ma se così fosse, non si capisce perché la magistratura contabile abbia deciso di accendere i riflettori soltanto sui conti di Italia dei Valori. A dimostrazione che non si tratta di un accertamento “fisiologico”, quanto piuttosto di un’indagine mirata che è figlia di una gestione amministrativa che appare personale, familistica e opaca.
Di Pietro forse dimentica che quell’interrogativo gli era stato posto dai suoi ex-alleati del Cantiere (Veltri, Occhetto e Chiesa), che ancora chiedono chiarimenti sulla destinazione di 5 milioni di contributi del 2008, con queste parole:”…nella più totale assenza di qualsiasi controllo da parte dell’Ente pagatore (la Camera) sulle condizioni minime di legittimazione a ricevere i pagamenti dei rimborsi elettorali, essi vengono conseguiti da parte di un’associazione formata da sole tre persone, che consegue tali ingenti fondi nella inesistenza per giunta di qualsiasi rendiconto”.
Va rilevato che il Tribunale di Roma già aveva riconosciuto la sostanziale distinzione tra partito Idv (titolato a incassare i contributi) e associazione Idv. La Corte dei Conti sta lavorando tanto sulla documentazione inviata dagli avvocati del Cantiere quanto su quella prodotta dall’avvocato Di Domenico, un tempo socio di Idv e ora suo grande accusatore.
Di Pietro è corso ai ripari annunciando la modifica dello statuto di Idv. In realtà ha soltanto modificato (da solo) lo statuto dell’associazione in qualità di titolare della stessa. Confermando di fatto una gestione personalistica di quei contributi, in una confusione a dir poco scarsamente trasparente tra uso pubblico e privato dei denari di tutti. Questi sono i fatti. La Corte dei Conti dirà se è prassi legittima che i contributi assegnati a un partito finiscano altrove. In tal caso sarà un interessante quanto pericoloso precedente.
[9 settembre 2009]