La stampa in Italia
Il Governo ha adottato, in questi primi mesi, misure concrete di aiuto ai giornalisti ed alla stampa italiana in generale. Non appena si è profilata una crisi che metteva a rischio gli organici dei giornalisti, il Governo è intervenuto immediatamente mettendo a disposizione, cosa che non è avvenuta per nessun altro settore e che è stato fatto proprio perché si sapeva quanto sensibile fosse il settore dell’editoria, 10 milioni di euro per i giornalisti, come sussidio alla cassa integrazione. Inoltre, quando si è posto il problema dei periodici, si è intervenuti ulteriormente con altri 10 milioni aprendo un tavolo di trattative presso il ministero del Lavoro e sollecitando gli editori a intervenire per la loro parte, al fine di poter limitare un pericoloso esodo di giornalisti dalla carta stampata. Nel merito, abbiamo fatto parlare i fatti ed i fatti sono presto detti.
L'Osservatorio di Pavia
Non bastasse la pluralità di pubblicazioni presenti nelle edicole e l’ampia offerta di canali televisivi anche a diffusione locale, si dovrebbero valutare le relazioni degli organismi indipendenti. Fra gli altri lo stesso Osservatorio di Pavia, secondo il quale l’opposizione, sui telegiornali della televisione statale, ha uno spazio pari al 60 per cento e al 49 per cento sulle reti Mediaset. Inoltre, su 455 pronunce della Corte per i diritti umani di Strasburgo in merito alla libertà d’informazione, solo 7 riguardano l’Italia, rispetto alle 29 della Francia e alle 28 del Regno Unito. Il tema è emerso pure in altri Paesi europei, inclusa la Polonia, senza che di ciò si dibattesse nel Parlamento europeo.
Quotidiani e periodici
I fatti, dunque.
In Italia ogni giorno vengono vendute 5 milioni e 500mila copie di quotidiani e vengono visitati quasi 36 milioni di pagine di siti web dei quotidiani stessi. Le testate quotidiane sono 149. Ma di più, nella sostanza: i cinque maggiori quotidiani italiani per diffusione non hanno orientamento favorevole al governo (alcuni, anzi, sono apertamente contro Berlusconi) e in nessun modo sono controllati dal Presidente del Consiglio neppure in senso proprietario. Anzi, continuano a nascere quotidiani contrari al governo. Gli ultimi due: Il Fatto e L’Altro. Sui 26 quotidiani di partito che godono di contributi dello Stato, i 4 maggiori appartengono a formazioni della sinistra (a dispetto del loro magro risultato elettorale). E ancora: i periodici sono 1541 (tra cui 807 di informazione e 734 tecnico-professionali). Le radio nazionali sono 14, quelle locali 1000. Abbiamo 10 canali tv nazionali analogici. Le Tv locali analogiche sono 550. Sono ben 138 le tv satellitari su 273 canali. Inoltre, alla fine della digitalizzazione ci saranno circa 3000 canali digitali.
Sulla Tv di Stato, il Presidente del Consiglio e il governo, che dovrebbero in linea di massima occupare un terzo del tempo di antenna (notizia e parola) sono attestati sul 34 per cento (quasi perfettamente in linea con le indicazioni che vogliono gli altri due terzi suddivisi tra maggioranza e opposizione). Infine, tutti i dati relativi a raccolta pubblicitaria e ascolti dimostrano la tendenza a allargare il mercato, con una riduzione progressiva del cosiddetto “duopolio” Rai-Mediaset.
Inoltre, il Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio ha erogato 206 milioni di euro circa per contributi diretti. Per fare un esempio, all’Unità, organo del partito Democratico, sono andati nel 2008 circa 6 milioni 300mila euro, e al Manifesto (estrema sinistra extra-parlamentare) 4 milioni e 300mila euro. A ciò si aggiungano i rimborsi per le tariffe postali agevolate per oltre 272 milioni di euro, e altri contributi del Ministero dello Sviluppo economico a imprese radio-televisive per 150 milioni di euro.
[21 ottobre 2009]