"Ho sempre diffidato della politica che sposa la giustizia, perché non si rende un favore né alla politica né alla giustizia. E anche i mezzi di informazione devono stare attenti a non sposare eccessivamente la giustizia…". Non è un commento di centrodestra, né l'analisi di un politologo al di sopra delle parti, ma il giudizio severo di Luciano Violante che stigmatizza un clima sbagliato e una politica dell'informazione pericolosa e forviante. Troviamo significativo che questo commento arrivi oggi in coincidenza con uno dei più clamorosi attacchi del quotidiano La Repubblica alle scelte del governo in materia di sicurezza e naturalmente di politica giudiziaria. L'articolo di fondo del quotidiano tradisce, ben oltre la rabbia polemica che lo contraddistingue, una debolezza di argomentazioni che è il segno di un "isolamento" del quotidiano di Carlo De Benedetti non solo rispetto alla maggioranza della pubblica opinione ma anche rispetto agli altri grandi quotidiani italiani, a cominciare dal Corriere della Sera che su questi argomenti mantiene una linea diversa.
La Repubblica cerca quasi disperatamente alleati e alleanze e incita categorie e classi sociali ad una sorta di clamorosa ribellione con diverse chiamate di correo: una su tutte, quella rivolta alla Confindustria perché si rivolti contro il presidente del Consiglio e i suoi presunti metodi, per non parlare del tentativo di tirare la giacca al Capo dello Stato oltre ogni ragionevole considerazione.
Il fondo del problema in questo passaggio delicato della vita democratica è che la magistratura deve fare il suo lavoro "senza andare alla ricerca del consenso"… Anche questa considerazione dell'ex magistrato Violante mostra quale livello di guardia ha raggiunto la polemica politica sul compito improprio di una certa magistratura.
In realtà la differenza tra le scelte di politica giudiziaria, di cui Violante è stato ispiratore e realizzatore, e quelle dell'ex pm, oggi leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha raggiunto oggi un livello abissale.
La differenza cioè tra una visione legalitaria da cui abbiamo dissentito e possiamo tutt'ora dissentire per come appoggiò le vicende giudiziarie degli anni Novanta, e gli eccessi giustizialisti di Di Pietro che non riesce a sbarazzarsi del complesso del pubblico ministero.
È sempre utile quando il presidente del Consiglio spiega nel dettaglio le motivazioni profonde di alcune scelte fondamentali, in particolare quelle che l'opposizione gli attribuisce come scelte personali. Ma il clima nuovo nei confronti di certa magistratura si vede anche nel giudizio pesante che degli eccessi del protagonismo giudiziario offre Violante, considerato fino all'altro ieri l'ispiratore di tante Procure…
[18 giugno 2008]