Proviamo a immaginarci cosa sarebbe successo se un sindaco di centrodestra, magari il sindaco di Milano, avesse lasciato la sua città con un debito di 8,14 miliardi di euro, miliardi sicuri perché certificati dalla Ragioneria generale dello Stato, e se avesse aggiunto a questi ancora 1,54 miliardi da versare entro l'anno per investimenti soprattutto nelle linee metropolitane. Immaginiamoci ancora che questo sindaco di centrodestra abbia lasciato dissestati anche i conti delle aziende municipali, prima fra tutti l'Ama, l'azienda dei rifiuti, nonché la Trambus, quella dei trasporti pubblici. Immaginiamo infine che un presidente di Regione sempre di centrodestra abbia lasciato il settore sanità ridotto a una gigantesca groviera, con una situazione finanziaria che minaccia di provocare il dissesto non di una serie di piccoli ospedali locali, ma addirittura cinque giganteschi complessi policlinici della capitale.
Eppure tutto questo è accaduto, sta accadendo, continua ad accadere senza che il quotidiano di Roma o altri giornali elevino verso il cielo quelle stesse grida di scandalo elevate in occasione di un emendamento al Senato destinato non a salvare il premier ma a riportare i giudici, o meglio certa parte della magistratura, all'interno dei binari corretti di uno Stato democratico.
Dunque, Veltroni se ne va e non intende pagare il dazio del disastro che ha lasciato. Adesso Alemanno deve correre ai ripari. Scompare la Notte bianca, probabilmente uscirà di scena anche l'Estate romana, e sarà soppressa buona parte di quei giochetti pubblici che Veltroni, come un nuovo imperatore, distribuiva al popolo di Roma per tenerlo allegro e soprattutto distratto. Dove finiranno i cantori, gli aedi dei resoconti giornalistici delle tanto decantate Notti bianche paragonate a quelle di San Pietroburgo? A Roma si apre una voragine non soltanto finanziaria quanto politica. Può il leader dell'opposizione continuare a dettare i suoi modelli morali alla maggioranza, quando poi alla prova dei fatti è il colpevole del deficit di Roma? Come mai nessuno finora ha alzato l'attenzione su quei 500 milioni di euro che stanno, menomale, per arrivare a Roma e che non basteranno certo a risolvere alla radice i guai della gestione Veltroni ma solo a prevenire il disastro, come una boccata d'ossigeno per impedire la chiusura dei servizi pubblici cittadini.
Oggi è in programma una seduta del consiglio comunale di Roma, tutta dedicata all'emergenza di bilancio. Il sindaco Alemanno viene nominato commissario. Qualcuno nei giorni scorsi ha sollecitato dalla Regione Lazio lo sblocco dei crediti che il comune vanta: 1,5 miliardi di euro entro la fine di quest'anno. Ma si tratta di un rimpallo tra due enti precipitati nel buco nero della insolvenza, del dissesto finanziario. E occorrerà tutta l'abilità finanziaria del ministro Tremonti per contenere i danni nei confronti delle obbligazioni emesse dal Comune di Roma, che potrebbero essere investite (speriamo davvero che non accada) da una ventata di sfiducia dei risparmiatori.
Se il rendiconto del bilancio per il 2007 può essere, anzi deve essere, rinviato per effettuare fino in fondo un'analisi dettagliata che eviti di scoprire troppo tardi ulteriori spiacevoli sorprese, non si può rinviare alle calende greche il rendiconto politico. Il centrodestra non può rinviare perché ogni ritardo, ogni dilazione, ogni tentennamento si rifletteranno sull'incolpevole Alemanno. Nel momento in cui il cittadino si accorgerà che non viene portata via la spazzatura sotto casa, non penserà al sindaco che c'è stato ma al sindaco che c'è. È un dato apparentemente banale ma del quale tutta la maggioranza dovrà al più presto rendersi conto e soprattutto chiamare a rendere conto quelli che del disastro annunciato di Roma e del Lazio sono i veri responsabili.
[19 giugno 2008]