Intervista di Luigi Vicinanza
ROMA. Gli italiani devono essere fieri di quanto è stato fatto all’Aquila. Così il presidente del consiglio Silvio Berlusconi in questa intervista al Centro. Nel decreto terremoto ci sono 8,6 miliardi di euro stanziati per la ricostruzione, ma ci vorranno anni e anni prima che L’Aquila torni al suo splendore. Non ci saranno, però, sprechi e ritardi come in Belice, in Irpinia e in Umbria. Grazie a Bertolaso che è un «leader di grande valore».
Presidente Berlusconi, un anno fa il devastante terremoto dell’A quila. 308 vittime, 57 comuni disastrati, danni per miliardi di euro.Qual è il suo ricordo di quella notte e dei giorni successivi?
Fui immediatamente avvertito da Gianni Letta e Guido Bertolaso di quello che era accaduto. Capimmo subito che ci trovavamo davanti a una catastrofe e ci mettemmo all’opera per intervenire immediatamente. Alle 4.30 di quella drammatica notte, a un’ora dal terremoto, la macchina degli aiuti era già in moto. Dopo 48 ore c’e rano già 15.000 soccorritori impegnati sul campo. L’Aquila era semidistrutta, i morti aumentavano di ora in ora, c’era la gente viva da estrarre dalle macerie e centinaia di feriti da curare. Il patrimonio culturale, abitativo e il tessuto economico avevano subito perdite gravissime. Di quei giorni drammatici ricorderò sempre la fierezza degli aquilani che non si sono mai dati per vinti e la generosità dei soccorritori che hanno dimostrato una professionalità encomiabile. Le tante catastrofi naturali che hanno colpito l’Italia non hanno mai avuto una risposta così tempestiva ed efficace come quella offerta dallo Stato in Abruzzo.
Grazie al «progetto case» sono ventimila gli aquilani che hanno un tetto sicuro e confortevole. Ma non sono mancate le critiche; quella più ricorrente sostiene che è stata snaturata la città e si è rinviata nel tempo la ricostruzione delle case danneggiate. E’ così?
Le abitazioni che sono state costruite in tempi record in Abruzzo hanno evitato che gli sfollati vivessero per anni in baracche o roulotte come è avvenuto in Italia per tutti gli altri terremoti. A Messina ci sono ancora le baracche per il terremoto del 1908. Abbiamo subito chiarito che le nuove abitazioni non sostituiscono quelle distrutte dal sisma. Quando gli aquilani saranno tornati nelle loro abitazioni, i nuovi appartamenti costruiti in questi mesi saranno utilizzati dagli studenti dell’Università, il vero cuore pulsante della città. Qualcuno ha provato a minimizzare o peggio a infangare il lavoro svolto dal governo e dai soccorritori all’Aquila. Ma la realtà dei fatti è incancellabile. Noi abbiamo gestito con assoluta efficienza la fase dell’emergenza e abbiamo impostato la ricostruzione nel migliore dei modi.
Dunque conferma il giudizio di «miracolo aquilano »?
Il terremoto ha fatto 308 morti, 1.500 feriti e 70mila sfollati. Noi abbiamo risposto con 70mila persone intervenute a vario titolo nelle attività di sostegno alle popolazioni colpite, con 5.957 tende, con 107 le cucine da campo, con 47 posti medici avanzati e un ospedale da campo a supporto del locale nosocomio parzialmente inagibile oltre ai quasi 200 nuovi edifici antisismici costruiti in tempi record. Alla riapertura dell’anno scolastico tutti i 17.567 studenti della zona colpita dal sisma hanno regolarmente ripreso l’a ttività. Alla fine di novembre tutte le tendopoli sono state chiuse e questo è avvenuto perché tutti gli aquilani hanno avuto un tetto sicuro sotto cui dormire. I miracoli li fa solo il Signore. Noi certamente abbiamo garantito uno sforzo di assistenza agli aquilani che non ha pari nella storia del nostro Paese e che è stato indicato come un modello a livello internazionale. Su questo non ci possono essere dubbi: nella tragedia, l’Italia si è dimostrata unita e generosa con gli aquilani e lo Stato ha fatto lo Stato, con tempestività ed efficienza. Tutti hanno fatto la propria parte: non solo il Governo e gli angeli della Protezione Civile. Anche il servizio sanitario nazionale, gli enti locali, le forze armate e di polizia, il mondo del volontariato. Gli italiani devono essere fieri di quanto è stato fatto all’Aquila.
Quanti anni ragionevolmente ci vorranno per restituire al suo antico splendore il centro storico dell’Aquila?
Abbiamo dimostrato senso di responsabilità chiarendo come stavano le cose. L’Aquila e i tanti borghi colpiti dal sisma hanno una storia secolare e un patrimonio artistico e urbanistico tanto prezioso quanto delicato. Ci vorranno dunque anni per giungere al restauro e alla completa ricostruzione di quanto è stato lesionato o perduto. Gli aquilani tuttavia devono esser fiduciosi perché le risorse necessarie per ricostruire L’Aquila sono già state previste nel «Decreto Terremoto»: 8,6 miliardi di euro. E questo non era mai accaduto in passato. Lo sgombero delle macerie, bloccato dieci mesi fa dal Comune dell’Aquila, sta avvenendo e la ricostruzione è già partita. Nell’attesa tutti vivono in una situazione dignitosa in case confortevoli e sicure. Per tornare alla normalità ci vorrà del tempo ma gli abruzzesi sanno bene che il Governo per loro ha fatto tutto il possibile con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Gli aquilani riavranno la loro città.
Le risorse a disposizione sono sufficienti?
Sono sufficienti e sono già state rese disponibili. La ricostruzione dell’Abruzzo non ha e non avrà nulla a che vedere con gli sprechi e i ritardi del Belice, dell’Irpinia e dell’Umbria.
Il G8 è stato una grande vetrina internazionale e un successo organizzativo. Pensa che all’Aquila, nella sperimentata struttura della caserma della Guardia di Finanza, si possano ripetere eventi ospitati dal governo italiano?
L’organizzazione del G8 in Abruzzo ha reso onore al dolore della città. In quell’occasione, L’Aquila, la capitale del dolore, è diventata anche la capitale della diplomazia e ha avuto la solidarietà della comunità internazionale. Il G8 è stato un successo straordinario, un evento irripetibile. La Caserma di Coppito, che ha un ruolo nevralgico nell’organizzazione della Guardia di Finanza, quando avrà esaurito il suo ruolo di supporto logistico per il post terremoto tornerà ai suoi compiti. L’Aquila potrà essere nuovamente sede di grandi eventi. E’ uno scenario naturale per iniziative culturali e per vertici di livello internazionale anche perché è diventata una città simbolo del nostro Paese e delle nostre capacità organizzative.
[06 aprile 2010]