Intervita del ministro Angelino Alfano a Dossier Lazio
Parte dal codice delle leggi antimafia l'idea di riforma del sistema giudiziario del ministro Alfano. Un sistema di regole nuove che rendano il nostro ordinamento efficiente, moderno, e soprattutto, spietato contro la criminalità organizzata.
«Il Governo Berlusconi ha varato nei primi venti mesi il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D'Amelio», tiene a precisare il Guardasigilli.
Primo obiettivo, dunque, sconfiggere la piovra che attanaglia la Sicilia e tutto il Sud, ma anche regioni considerate meno a rischio dell'Italia. Paese che, non dimentica il ministro, ha bisogno di una giustizia al passo con i tempi, indipendente e meno polverosa. E per far questo deve adeguare d'ordinamento giuridico agli standard internazionali, in funzione del mantenimento della nostra credibilità».
Partiamo dalle nuove norme anticorruzione. Perché il governo ha sentito l'esigenza di un ddl specifico, il nostro codice era insufficiente?
«La lotta alla corruzione non si fa soltanto innalzando le pene, ma attraverso una visione globale che non può prescindere da un maggiore controllo sugli enti locali. Con questi intendimenti, è stato definito un disegno di legge organico e ben articolato che si basa sulla percezione che il disvalore sociale della corruzione è più grave rispetto alle sanzioni previste dal codice penale. È questo il quadro al cui interno vengono varate iniziative a medio e lungo termine che rispondono alla domanda di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini e alla necessità di adeguare l'ordinamento giuridico agli standard internazionali, in funzione del mantenimento della credibilità dei Paese».
Agli occhi dei cittadini la Giustizia appare come farraginosa, barocca. Si può lavorare per una sua semplificazione?
«Sono già leggi dello Stato numerose norme che, soprattutto nella materia civile, quella che soffre dei maggiori bizantinismi, hanno lo scopo di rendere più celere lo svolgimento dei processo e più funzionale il servizio giustizia da rendere ai cittadini. La riforma del processo civile, il filtro in cassazione, la previsione di termini più rigorosi, idonei a dissuadere l'utilizzo del processo a fini meramente dilatori, sono solo alcuni di questi interventi. Altri istituti come, per esempio, la mediazione civile sono già pronti a partire».
Nell'auspicare «le giuste procedure che consentano, fuori da ogni logica punitiva, ma nello stesso tempo lontani da difese corporative, di affermare il binomio potere/responsabilità anche nell'esercizio della giurisdizione», in quale direzione intende muoversi il governo?
«Anche in questo campo sono oramai diventati legge dello Stato taluni principi finalizzati a rendere più consapevole e responsabile la gestione dei capi degli Uffici giudiziari. È stata prevista una serie di adempimenti ai quali i dirigenti degli uffici sono tenuti per ottenere la riconferma dopo il primo quadriennio di permanenza nella carica. Il Csm, a seguito di un parere congruamente motivato da parte del ministro della Giustizia, sarà chiamato a valutare anche come i magistrati posti al vertice di un Ufficio giudiziario siano stati capaci di mettere in pratica criteri gestionali improntati all'efficienza».
Uno dei mali che affligge il nostro sistema giudiziario è l'irragionevole durata dei processi. Quali le best practice da attuare?
«Il piano nazionale di diffusione delle migliori pratiche ha raggiunto nel corso del 2009 circa un centinaio di Uffici giudiziari. Esso ha l'obiettivo di attenuare le differenze di rendimento della giustizia che agisce a macchia di leopardo: oggi, a parità di risorse, alcuni uffici garantiscono livelli di efficienza, quando non di eccellenza, mentre altri producono disservizi. Tali divergenze spesso dipendono da deficit di tipo organizzativo e, talvolta, da una scarsa capacità manageriale e di leadership dei capi degli uffici e in questo senso gli interventi normativi appena citati potranno portare dei risultati straordinari».
Dal nuovo reato di stalking ai più recenti provvedimenti arti mafia. Per il 2010 dobbiamo aspettarci una vera riforma del processo penale?
«Gli effetti prodotti dall'introduzione, tra i delitti contro la libertà morale, del nuovo reato di atti persecutori, sono stati assolutamente positivi. L'autorità giudiziaria ha accertato nei primi mesi di vigenza della norma 5.153 delitti, con l'arresto di 942 persone. Nel contrasto alla criminalità di stampo mafioso, il Governo Berlusconi ha varato nei primi venti mesi il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D'Amelio. Il pacchetto sicurezza contiene importanti provvedimenti in materia di misure di prevenzione antimafia, di sequestro e confisca».
Quali sono gli aspetti più significativi dell'azione di governo contro la mafia?
«Questa legge introduce due nuove figure di reato volte ad arricchire la punibilità delle condotte rilevanti nel sostegno illecito delle associazioni mafiose, tra cui spicca il nuovo art. 391-bis c.p. che punisce l'attività di chiunque consenta a un detenuto sottoposto a particolari restrizioni di comunicare con altri. Ma, soprattutto, la legge 94 del 2009, che fornisce alle forze dell'ordine e alla magistratura strumenti di straordinaria efficacia nell'azione di recupero dei beni frutto delle attività criminali delle associazioni mafiose, ampliando l'ambito di applicazione delle misure di prevenzione. Si prevede che le misure di sicurezza patrimoniali possano essere applicate indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto: il principio è che si deve colpire il bene in quanto pericoloso in sé. In tema di sequestro e confisca, si è proceduto al rafforzamento delle ipotesi della cosiddetta "confisca estesa", per fare in modo che, disperso il denaro o i beni illecitamente acquisiti, il giudice possa ordinare la confisca per un valore equivalente, incidendo sul patrimonio posseduto dal reo anche per interposta persona. Sono, inoltre, disciplinate finalmente in modo chiaro le modalità di esecuzione dei sequestri preventivi ed è istituito l'albo nazionale degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati che garantirà una specifica professionalità nelle gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata in grado di produrre economie legali, assicurando il mantenimento dei posti di lavoro».
Quale sarà il ruolo delle forze di polizia?
«Le forze di Polizia saranno dotate dei beni mobili registrati sequestrati che potranno essere loro affidati per lo svolgimento dei compiti di istituto. Queste modifiche legislative stanno già producendo risultati straordinari, mai conseguiti in passato, dei quali le forze dell'Ordine e la Magistratura sono i primi testimoni. Il 28 gennaio scorso, poi, è stato presentato, nel Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria, il nuovo piano antimafia che prevede, tra l'altro, l'adozione di un testo unico delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; la costituzione di una Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali. Inoltre, sono stati previsti interventi in materia di certificazione antimafia, di tracciabilità dei flussi finanziari per prevenire le infiltrazioni criminali nel settore degli appalti pubblici che torneranno utili anche in questa sede ove è già vigile l'attenzione delle istituzioni per intercettare tempestivamente ogni tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nell'ambito dei lavori per la ricostruzione. Quanto al processo penale, com'è noto, sono all'esame del Parlamento diversi disegni di legge governativa che hanno il comune denominatore di rendere più giusto ed equo il processo penale, prestando maggiore attenzione alla vittima del reato e cercando di contemperare meglio le giuste esigenze d'investigazione con la tutela della riservatezza dei cittadini terzi all'indagine penale. Per non dire del nostro grande obiettivo: il codice delle leggi antimafia».
Prevede tempi lunghi per l'approvazione del processo breve?
«Lo scopo irrinunciabile per un governo liberale è anche quello di tutelare il cittadino che assuma la veste di indagato, per il quale è irragionevole pensare che una sentenza che ne affermi infine l'assoluta innocenza sia emessa a decenni di distanza dall'inizio delle indagini che lo hanno riguardato, quando ormai il suo onore e la sua dignità sono stati irrimediabilmente calpestati. Restare dentro i parametri della ragionevole durata di un processo è necessario, quindi, per chi rimane impelagato nelle maglie della giustizia per non scivolare in periodi che possono arrivare, a seconda dei reati, a 10 o 12 anni. Questi non sono, infatti, dei tempi ragionevoli né per le vittime dei reati per sapere se è stato individuato il colpevole, né per i cittadini imputati per sapere se la giustizia italiana li considera colpevoli o innocenti. Senza questa norma in discussione al Parlamento non c'è alcuna garanzia sui tempi dei procedimenti».
Intercettazioni: come si garantisce la privacy dei cittadini, evitando degenerazioni, eccessi e abusi, senza ostacolare al tempo stesso il lavoro dei pm?
«Il punto di coniugazione di queste fondamentali necessità, costituisce il punto di arrivo di un moderno Stato di diritto che voglia al contempo tutelare i propri cittadini dalle insidie del crimine senza esporli alla gogna mediatica della diffusione di fatti riservati, peraltro niente affatto utili alle indagini in corso. Il disegno di legge già approvato da un ramo del Parlamento, e adesso al vaglio dell'altro, ha l'intento di giungere al bilanciamento il più giusto possibile di queste esigenze, rappresentando un punto di equilibrio tra le esigenze delle indagini, la tutela delle intercettazioni per i reati di mafia, il diritto alla riservatezza e quello di cronaca».
Lodo Alfano bis: a che punto sono i lavori e qual è la sua valenza da punto dì vista tecnico e politico?
«Il mio punto di vista è chiaro: il cosiddetto Lodo-bis costituzionale varrebbe in ipotesi anche per un presidente del Consiglio che non fosse parlamentare, mentre un presidente del Consiglio parlamentare si gioverebbe di un'altra norma. Ecco perché è allo studio un approdo migliore alla problematica, il più possibile condiviso soprattutto nel caso in cui si dovesse porre mano alla Costituzione. Sotto il profilo della funzionalità del sistema, l'obiettivo è di non sottrarre nessuno alla giustizia e di non sottrarre nessuno al suo giusto processo. Occorre però che nel momento esatto in cui si ribadisce l'autonomia della magistratura, venga riaffermato il principio secondo il quale quanto consegue un'indagine giudiziaria non intacchi l'autonomia e la sovranità del Parlamento».
[30 aprile 2010]