Il federalismo fiscale è stato collocato al primo posto in ordine di attuazione tra i “cinque punti” del programma di rilancio della maggioranza. L’approvazione finale del federalismo fiscale arriverà entro dicembre o al massimo entro marzo del prossimo anno. Quello che era un punto fondamentale del programma elettorale del 2008, verrà quindi attuato in meno di tre anni e avrà importanti conseguenze sia nella ridistribuzione dei poteri reali – cioè fiscali – sia per dare stabilità ai conti pubblici dopo il previsto rientro del deficit nei parametri di Maastricht entro il 2012 (o forse il 2013). Infatti, le prime misure concrete cominceranno ad essere applicate gradualmente dal 2012 per andare a regime a partire dal 2014.
Il Governo ha deciso di accelerare, concentrando in un unico decreto i due testi attuativi del federalismo fiscale precedentemente previsti: sul fisco regionale e provinciale, e sui costi standard della sanità, vero “nocciolo duro” della questione.
Cosa cambia
La riorganizzazione della fiscalità su base regionale arriverà in due fasi. La prima, che prenderà avvio dal 2012, sarà definita dal Governo allo scopo di assicurare alle Regioni entrate fiscali corrispondenti ai trasferimenti statali che vengono soppressi dal decreto. A partire dal 2014, l'addizionale potrà essere aumentata fino a un massimo del 3% ma con gradualità rispetto all’attuale 0,9% e precisamente mediante un possibile ulteriore incremento fino allo 0,5% dal 2013, all'1,1% dal 2014 e al 2,1% dall'anno successivo per arrivare, appunto, al 3%.
Per evitare una maggiore pressione fiscale sui contribuenti, a partire dal 2012 si prevede una corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale e, soprattutto, l'addizionale potrà muoversi sempre e solo nell'ambito degli scaglioni Irpef previsti dalla legge statale. La possibilità di ridurre l'Irap, anche fino all’azzeramento, sarà consentita solo alle Regioni che non procederanno ad aumentare dell'1,4% (0,9 fisso e 0,5 dal 2013) l'addizionale Irpef. Principio che vale anche in senso inverso, ovvero l'aumento dell'Irpef è consentito solo di fronte a una riduzione dell’Irap.
In sintesi:
Contro gli sprechi
Per stimare e definire i cosiddetti “costi standard” della sanità si farà una media delle tre Regioni migliori (Regioni benchmark, cioè di riferimento), a loro volta scelte tra le cinque Regioni con i bilanci più virtuosi, ma si prenderanno in considerazione anche la qualità e l’appropriatezza delle cure. C'è la necessità di garantire servizi pubblici e costi uguali dal nord al sud e di colpire una volta per tutte gli sprechi. Le tre Regioni benchmark saranno scelte in conferenza Stato-Regioni tra le cinque (indicate dal ministero della Salute di concerto con l'Economia) che nel 2011 avranno garantito l'erogazione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) “in condizione di equilibrio economico”, che saranno in regola ai tavoli di verifica sui conti col Governo e che rispetteranno i criteri di “qualità, appropriatezza ed efficienza” che arriveranno con un prossimo decreto.
L’applicazione dei criteri dei costi standard nella sanità partirà dal 2013 anche se non mancheranno delle novità e degli aggiustamenti in itinere nel passaggio parlamentare in commissione bicamerale. La determinazione delle tre Regioni benchmark, da scegliere tra cinque, ha infatti un risvolto politico ineliminabile. Stando ai risultati del 2009, infatti, solo quattro Regioni hanno presentato un bilancio della sanità in attivo: Lombardia, Toscana, Marche e Umbria. Tutte le altre hanno mostrato un deficit, ma con grandi differenze.
Il passaggio dalla spesa storica alla spesa standard sarà epocale. Influirà anche sul costume della politica, sui metodi di gestione amministrativa, sui conti pubblici per quanto riguarda gli sprechi. Creerà difficoltà a non pochi governatori. Ma sarà anche un segnale preciso della volontà di cambiare.
[08 ottobre 2010]