Fulmini e saette nel centrosinistra, ma non è solo un temporale estivo. È un tifone simile a quello che ha causato un'ecatombe nelle Filippine. I kapataz del Pd se le danno di santa ragione, ed era prevedibile che dopo la sconfitta elettorale gli ex comunisti venissero prima o poi alle mani. Finché il clima è rimasto improntato al dialogo con la maggioranza, reggevano anche gli equilibri precari di un partito con troppi galli nel pollaio. Ma è stata la rottura con il PdL, provocata anche dalla violenta reazione alla norma che sposta alcuni processi di un anno, a dare la stura anche al malessere interno, e dire malessere è usare un eufemismo. Perché il protagonismo e l'egemonia veltroniana hanno suscitato le ire dei mandarini del partito, soprattutto quelli come Rutelli finiti oggi nel cono d'ombra e ora intenzionati a vendicarsi del segretario.
Arturo Parisi non le ha mandate a dire a Walter Veltroni. Con un'intervista durissima al Corriere della Sera l'ex ministro della Difesa ha sparato ad alzo zero, chiedendo senza troppi complimenti la rimozione del leader, nemmeno fosse un soprammobile.
Veltroni ha risposto, direbbe Crozza, "pacatamente", ma ormai il Pd è entrato nella fase dei lunghi coltelli e delle coltellate alle spalle. L'ispiratore del complotto sarebbe Massimo D'Alema, nemico storico di Veltroni sin da quando entrambi muovevano i primi passi nel Bottegone. Ma poi hanno dissotterrato l'ascia (pardon, la falce) tutti coloro, compreso Fassino, che non hanno mai davvero gradito la svolta della coalizione allargata ai massimalisti verso un unico blocco riformista veltroniano. E qui bisogna citare un altro nemico giurato del veltronismo, quel Bertinotti spazzato via alle elezioni con tutta la banda dei Diliberti e dei Pecorari e che se l'è legata al dito. Perché tutti questi compagni si ritengono vittime del "si può fare" di Veltroni, che ha potuto, questo sì, metterli all'angolo ritrovandosi, tuttavia, da solo in un nido di serpenti pronti ad avvelenarlo. Inutili sembrano i tentativi di Bettini e degli altri fedelissimi di salvare l'immagine di San Walter martire. È lui secondo buona parte degli "amici" che hanno perso poltrone, potere e privilegi, il capro espiatorio della Caporetto del Pd. Anche perché Veltroni poteva sperare di resistere a lungo nel caso ci fosse davvero stato un idillio con il governo e con la maggioranza. Ma proprio come ha osservato lui, non è il Paese ad essere tornato al clima del '94, ma il nuovo centrosinistra ad avere imboccato la strada della scissione. Veltroni ha peccato di ingenuità nel momento in cui ha pensato che si potessero ridimensionare, in nome di un rilancio e di un cambiamento profondo del Paese, gli appetiti e le ambizioni dell'ex politburo del Pc italiano. Ma gente che per anni era abituata a gestire il proprio orticello in nome del proletariato non tollerava qualsiasi interferenza. Figuriamoci il terremoto causato dalle buone intenzioni ma pure dal narcisissimo di Ego Walter. Il conto alla rovescia è già iniziato. Veltroni per ora si è salvato facendo saltare l'ipotesi di un congresso anticipato. Ma in autunno ci sarà, inevitabilmente, la resa dei conti. E dei dolori del giovane Walter si parlerà sicuramente a lungo.
[24 giugno 2008]