Il gip di Verona ha respinto ieri la richiesta di arresto di due rom, nell’ambito dell’inchiesta sulla banda di nomadi che, con minacce e maltrattamenti, costringevano i loro figli a rubare. Si potrebbe dire che ha fatto soltanto il suo mestiere: vagliare la richiesta del Pm e poi, nel pieno rispetto delle rispettive prerogative, stabilire se vi fossero oppure no i presupposti per la galera.
Senonchè il giudice, Giorgio Piziali, non si limita a spiegare la sua scelta con motivazioni giuridiche, ma accusa la collega della Procura titolare dell’inchiesta, Elvira Vitulli, di aver “piegato ad altri fini” l’istituto del fermo giudiziario. In poche parole, per dirla con Repubblica, “praticamente il gip accusa il pm di avere esagerato al solo scopo di assecondare la volontà politica di attacco ai rom”.
Il gip avrebbe potuto fermarsi al giudizio di insussistenza del “pericolo di fuga”, ma la sua ordinanza prende una piega tutta politica: i “fini” ai quali il pm ha piegato l’istituto del fermo sono “gravemente lesivi delle regole, anche costituzionali, che presiedono la libertà personale”; e poi “non ci sfugge come l’intervento cada in concomitanza del generalizzato interesse pubblico per vicende come quella al centro dell’inchiesta”.
La sostanza è che il giudice Piziali non si limita a contestare alla collega della Procura i profili giuridici di una presunta mancanza di motivazioni per il fermo, ma la accusa esplicitamente di aver operato degli arresti per motivazioni di convenienza politica.
La procura ha reagito sostenendo di avere le prove della volontà di fuga. Cosiccome appare risibile la motivazione secondo la quale non vi sarebbe rischio di reiterazione del reato: la donna scarcerata è stata subito riarrestata in esecuzione di un precedente provvedimento di custodia.
Sono aspetti che non vanno al nodo, ormai incancrenito, del problema: quando cioè un magistrato che deve decidere della galera (o meno) di un inquisito, si pone il problema del “politicamente corretto” e sceglie di conseguenza. Contro la “giustizia borghese”, come avrebbero detto le “toghe rosse” del tempo che fu.
[2 luglio 2008]