Il Patto di crescita un merito italiano
La più grande riforma europea di questo inizio di Terzo Millennio è stata innescata da Berlusconi: è la riforma del Patto di Stabilità e di Crescita. E’ proprio grazie alle modifiche apportate al vecchio Patto di Stabilità che oggi l’Europa ha gli strumenti e le possibilità per uscire dalla più profonda crisi economica degli ultimi 80 anni. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che dal crollo del 1929 il pianeta riuscì ad uscirne solo dopo una guerra mondiale. Oggi, invece, proprio per mezzo di quella riforma del Patto, l’Italia e l’Europa possono gestire l’emergenza con quell’elasticità di bilancio che il vecchio accordo non prevedeva.
Silvio Berlusconi ha annunciato a Napoli che il deficit italiano quest’anno potrà raggiungere il 5%: vale a dire, due punti sopra il tetto indicato dal Trattato di Maastricht. Alla base di questo “sfondamento” ci sono proprio gli effetti prodotti dalla crisi sui conti pubblici. In primo luogo, il calo delle entrate. Sempre il presidente del Consiglio ha anticipato che il gettito tributario quest’anno scenderà di 37 miliardi di euro. Occorre ricordare che questo valore supera (di poco) i due punti di pil.
Ed ancora. Il deficit, per sua natura, è un rapporto. Se il denominatore scende, anziché salire (ed il denominatore del rapporto è il pil), è inevitabile che il disavanzo salga. Tutta l’Europa, quindi, è in deficit. Il vecchio Patto di Stabilità prevedeva che i diversi paesi – dopo aver ricevuto una procedura da parte della ue – avevano due anni di tempo per mettere ordine nei rispettivi bilanci. In caso contrario, scattavano sanzioni economiche molto pesanti. Con un duplice risultato negativo. Il primo: per riportare i deficit sotto l’asticella del 3% i governi dovevano introdurre misure di risanamento fiscali. Ed in tal modo riducevano i rispettivi margini di crescita economica interna. Il secondo. Se i parametri non fossero stati rispettati in tempo, avrebbero dovuto introdurre nuove e maggiori tasse per finanziare il pagamento delle sanzioni.
Insomma, sarebbe state innescate spirali recessive solo per rispettare il Patto. Con la riforma voluta da Berlusconi tutto questo non succede. I valori dei bilanci pubblici vengono “letti” dalla Commissione alla luce della congiuntura economica. Quando questa è buona, devono essere rafforzati gli sforzi per raggiungere l’obbiettivo dell’azzeramento del deficit; ma quando questa è cattiva, vengono consentite agli Stati membri misure espansive. E sono state proprio queste a “salvare” l’Europa nello scorso autunno, quando venne deciso ed autorizzato l’intervento pubblico a sostegno delle banche. Se non ci fossero state le modifiche al Patto volute da Berlusconi durante la precedente esperienza di governo non sarebbe stato possibile. E forse oggi non saremmo qui a commentare come il picco della crisi sia alle nostre spalle. Ma saremmo, al contrario, in una recessione ben più grave di quella che abbiamo vissuto negli ultimi mesi.
[30 giugno 2009]
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