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Perchè si torna al nucleare

In Italia torna il nucleare dopo oltre vent’anni di blackout.

Ci sono voluti il coraggio e la determinazione del governo Berlusconi per imprimere alla politica energetica una svolta che consente al Paese di annullare gli effetti di uno sciagurato referendum voluto dalla sinistra e dai Verdi sull’onda dell’emozione del dopo-Cernobyl e che ci ha penalizzato considerando anche la nostra dipendenza energetica dall’estero. Con il via libera del Senato, oggi si rimedia a un gravissimo errore. Mettendo al bando il nucleare, pensavamo di avere scongiurato il rischio di qualsiasi rischio di catastrofe: il gioco valeva, dunque, la candela, ma non avevamo pensato che, a centocinquanta chilometri dai nostri confini, ci sono, comunque, una trentina delle centrali demonizzate. In compenso, abbiamo pagato l’energia elettrica il 30% in più dei partner europei.foto: industria

Ora l’Italia si è tolta il paraocchi e può guardare in avanti con serena fiducia anche perché l’atomo è diventato, nel frattempo, molto più affidabile.

Come ha rilevatoli ministro Scajola, la posa della prima pietra della centrale di nuova generazione avverrà entro la fine della legislatura. Con il ritorno del nucleare, il nuovo mix elettrico prevederà un 50% destinato alle fonti fossili (oggi è l’83%), un 25% alle fonti rinnovabili (attualmente sono il 18%), più un 25 destinato proprio all’atomo. Una grande rivoluzione che, come importanza strategica, non è secondaria alle altre attuate, in tredici mesi, da questo governo sul fronte economico, dall’immondizia di Napoli alla nuova Alitalia.

Ma il nucleare potrà essere da stimolo a tutto il Paese che proprio nei prossimi anni dovrà consolidare quella ripresa appena abbozzata: l’energia elettrica meno cara è, indubbiamente, un ulteriore incentivo a tutte quelle imprese che accettano la sfida e vogliono rilanciare il “made in Italy” con un aumento considerevole della produzione. 

Adesso possiamo davvero guardare al futuro.

[13 luglio 2009]


 

 
 
 

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