Perché la riforma è sacrosanta
È inutile girarci intorno: il risultato, lo svolgimento, i retroscena e gli antefatti del plenum di ieri del Csm confermano due cose. La prima: il Consiglio superiore della magistratura non poteva e non può pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi ergendosi a terza Camera dello Stato. Seconda cosa: il Csm è un organismo che - nonostante tutti i richiami istituzionali - si conferma malato di lottizzazione politica, profondamente inefficiente, lontano dai bisogni veri della giustizia.
In questa vicenda anche le parole hanno un senso e un peso. Il Consiglio superiore della magistratura aveva pronto da giorni un documento che bocciava preventivamente - per "incostituzionalità" - l'emendamento "slittaprocessi" al decreto sicurezza. Un intervento a gamba tesa mentre l'esame delle Camere è ancora in corso, ma soprattutto lo sconfinamento in un campo di competenza del Parlamento stesso, del presidente della Repubblica e della Corte costituzionale. Ebbene, quel testo, ammesso, poi negato, fatto trapelare ai giornali, esisteva eccome. È stato posto ai voti: è bastato sostituire la parola incostituzionalità con irragionevolezza. Un semplicissimo lavoro al computer.
Ancora. Due giorni fa i presidenti di Camera e Senato sono saliti al Quirinale per esprimere a Giorgio Napolitano le preoccupazioni del Parlamento per gli sconfinamenti del Csm. Secondo la stragrande maggioranza del mass media il presidente della Repubblica si sarebbe "profondamente irritato" con Fini e Schifani. Ieri però Napolitano ha inviato al Csm una lettera che diceva esattamente le stesse cose dei suoi interlocutori: un monito al Consiglio superiore, perché non spetta a lui il vaglio di costituzionalità. Il centrodestra se ne rallegra, Silvio Berlusconi afferma che sono state sostanzialmente accolte le tesi dei presidenti delle Camere, il Quirinale precisa: "iniziativa autonoma del capo dello Stato".
Anche qui conta la sostanza. Rispettate le gerarchie istituzionali, Napolitano ha di fatto bloccato una pericolosa iniziativa dell'organismo di autogoverno dei magistrati. Sul piano politico, ha dato ragione al centrodestra. Al punto che nel Partito democratico c'è stato grande disappunto: "Questa non ci voleva", il commento di Walter Veltroni. Almeno è stato (una volta tanto) sincero. Altri se ne sono usciti con battute da Prima Repubblica: "Non ho letto la lettera di Napolitano"; "Bei tempi quelli di Ciampi". E via dicendo.
Il senso politico, insomma, è chiarissimo. Chiarissimo pure lo stato dell'arte del Csm: ha perso una battaglia, la sua immagine ne esce a pezzi, ma si può star sicuri che tirerà dritto per la sua strada. Che è quella dell'estrema politicizzazione, e quindi di far la guerra a questo governo. Tanto che il mirino si è già spostato sul futuro bersaglio, il decreto contro le intercettazioni illegali.
La giustizia in Italia è profondamente malata, non passa giorno senza nuovi esempi. A Verona un gip ha rimesso in libertà quattro nomadi arrestati dalla polizia per aver costretto dei bambini ad andare a rubare nelle case, minacciandoli e picchiandoli. Il magistrato ha non solo vanificato l'operato della polizia, ma anche quello dei pm che intendevano punire l'estrema gravità del reato. A Latina un giudice ha sospeso il giudizio nei confronti di tre marocchini accusati di violazione di domicilio aggravata, sostenendo che il provvedimento è di "dubbia costituzionalità".
Naturalmente non ci sono solo i procedimenti contro gli immigrati, che in questo periodo scatenano il protagonismo di certi magistrati, ci sono le centinaia di migliaia di casi irrisolti per delitti più o meno gravi che riguardano l'intera popolazione. "Solo un caso su dieci di quelli sui quali indaghiamo va a giudizio" è la denuncia di pochi giorni fa del capo della Polizia, Antonio Manganelli.
Ma il Csm è tutto concentrato sulla politica. Del resto essendo un organismo eletto in base a logiche squisitamente partitiche e di corrente, difficile meravigliarsi. Difficile anche, per il governo, tentare una riforma del Consiglio. Sarebbe in realtà sacrosanta; ma, come si è visto, manca la sponda dell'opposizione cosiddetta riformista. Ed aprire un nuovo fronte in una guerra già difficilissima è un rischio da non sottovalutare.
[2 luglio 2008]
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