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Federalismo fiscale: responsabilità e moralità

Il federalismo fiscale “non è un progetto politico” ma “una riforma” che “sarà fatta” perchè “è fondamentale” e gode di un “grande consenso” in Parlamento e tra le Regioni. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ospite dei Cavalieri del Lavoro, sgombra il campo da qualsiasi dubbio su quello che definisce il “motore per attivare ciò che serve”, e cioè la “responsabilità per fare le opere”. Ed è proprio su questo concetto che Tremonti si sofferma a lungo nel corso del suo intervento. Metà dell’azione pubblica avviene “al di fuori del vincolo del ‘no taxation without representation’”, spiega il ministro, sottolineando come con la riforma verrà introdotto il “meccanismo della responsabilità” che “per metà in Italia manca”, perchè “non si può spendere se non hai dovere di prendere”.

Con la riforma, invece, le decisioni di spesa verranno prese dove saranno raccolti i fondi. Il federalismo fiscale porta con sé anche maggiore “moralità”: “Vi siete mai chiesti la ragione della caduta della moralità in alcune aree dell’ Italia? È molto sfoto: tremontiemplice - rileva - se si buttano soldi a pioggia per centinaia di micro-opere si inverte il motore di influenza e così la malavita chiede alle imprese di fare le opere: non si può più - sottolinea - andare avanti con questo sistema”.

Il ministro cita poi il caso dell’evasione fiscale che diventa “una variabile indipendente se non c’è fiscalità locale” ed è, quindi, “fondamentale coinvolgere il governo locale perché adesso - dice - non c’è alcuna remora a fare il furbo”. Tremonti ritiene anche senza senso il fatto che il più grande patrimonio immobiliare d'Italia, che “comprende spiagge, terreni e castelli” sia gestito da “un ufficio a Roma”, e ne rivendica un controllo locale. Nel suo intervento, il ministro dell'Economia dà spazio anche alla crisi sulla quale, afferma, “con i mezzi a disposizione - puntualizza - abbiamo fatto le cose che potevamo fare e nel modo più giusto possibile”.
Tremonti ricorda: “abbiamo cercato di tenere più a posto che potevamo i conti pubblici, di investire quanti più fondi pubblici in ammortizzatori sociali e di tenere aperti i canali del credito”.

Il responsabile dell'Economia torna poi a rivendicare la scelta del governo di non aumentare il debito pubblico: “abbiamo detto: no grazie, non è una soluzione”, spiega, rilevando che “gestire il terzo debito del mondo, senza essere la terza economia del mondo in un momento di crisi è un’esperienza che prova nel corpo e nello spirito”.

Quindi dopo una lunga campagna elettorale, il governo torna al programma con il pragmatismo di sempre: interventi diretti a sostegno dell’economia.
Le misure che troveranno spazio nel decreto che verrà esaminato dal prossimo consiglio dei ministri, infatti, vanno in due direzioni: sostegno alle imprese che investono, benefici alle aziende che non riducono gli organici. Vale a dire, che i beneficiari degli interventi sono sia le imprese sia i lavoratori: i soggetti che maggiormente rischiano di sentire gli effetti dei colpi di coda della crisi.
Gli interventi allo studio hanno un unico obiettivo: assicurare al sistema produttivo italiano le migliori condizioni possibili per agganciare la fase di ripresa, quando questa si manifesterà fra 6-8 mesi, visto che tutti i centri di previsione individuano l’uscita della crisi nella prima metà del 2010.

Con simili misure (e con altre allo studio), il governo punta ad offrire al sistema produttivo le basi per il rilancio. Con la detassazione degli investimenti, infatti, le imprese possono migliorare le linee di produzione e migliorare i prodotti. Con il bonus per chi non licenzia, inoltre, le stimola a confermare gli organici e ad adattare i processi a parità d’occupazione.
Un provvedimento che “supera” gli interventi per fronteggiare la crisi, mentre mette le basi per un’operazione di rilancio dell’economia.

[23 giugno 2009]

 
 
 

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