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10 domande e 10 risposte sul Piano Casa

foto: case

Ecco chi potrà avere la casa “low cost”.

Con mini rate da 300 euro al mese famiglie a basso reddito, giovani coppie, anziani, studenti fuori sede potranno comprare o affittare gli immobili. Giro d’affari fino a 16 miliardi, 320 mila i posti di lavoro.

Centomila nuove case, altre 22mila alloggi popolari per giovani coppie, famiglie a basso reddito e immigrati con 10 anni di residenza. Dopo il bonus cubatura per chi vuole ristrutturare casa con tecniche di bioedilizia (e già operativo in molte Regioni dal primo luglio) arriva il progetto per la realizzazione di 100mila nuovi alloggi per l’edilizia residenziale. Case nuove da comprare o affittare in aree riqualificate, non quartieri dormitorio nelle periferie degradate, ad alta sostenibilità ambientale ed energetica, capaci di movimentare un volume d’affari tra i 12 e i 16 miliardi di euro. E altre 22mila case popolari, riscattabili con mini rate da 300 euro al mese grazie all’intervento di banche, investitori privati e agevolazioni fiscali. Ecco chi potrà averle.

 

  1. Che cosa cambia dopo l’ok del governo al Piano Casa? Il «Piano nazionale di edilizia abitativa» serve a rimettere in moto l’edilizia in Italia, sia quella «sociale» che quella «residenziale». L’obiettivo è migliorare il patrimonio immobiliare pubblico esistente senza commettere gli errori del passato. Basta quartieri dormitorio nelle zone periferiche, le nuove case dovranno essere «caratterizzate da elevati livelli di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica», dovranno sorgere «in aree riqualificate» e dovranno basarsi sull’«effettiva richiesta abitativa, rapportata alla dimensione fisica e demografica del territorio» individuato da Comuni, Regioni e governo.
  2. A chi è rivolto il progetto di «edilizia sociale»?I beneficiari del piano di edilizia sociale, secondo il documento del governo, sono le cosiddette fasce deboli della popolazione che non sono proprietarie di immobile: si tratta di «nuclei familiari a basso reddito, giovani coppie, anziani in condizioni sociali svantaggiate, studenti fuori sede, sfrattati, immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa Regione». Secondo le stime degli enti locali, le domande di assegnazione di una casa popolare presso i Comuni ad oggi sono circa 630mila. Per realizzarle tutte servirebbero investimenti pari a 1 miliardo di euro l’anno.
  3. Da dove arriveranno i soldi per costruire le abitazioni? Lo stanziamento deciso dal governo è di 200 milioni. L’obiettivo è arrivare gradualmente a 550 milioni l’anno. A questi fondi vanno aggiunti altre 150 milioni, che verranno fatti confluire in un Fondo immobiliare dedicato al «social housing» al quale dovrebbe partecipare anche la Cassa depositi e prestiti. Secondo il prospetto del Cipe sarebbero già disponibili circa 880 milioni di euro, provenienti da capitoli di spesa dei ministeri di Infrastrutture, Trasporti ed Economia. I finanziamenti complessivi, tra risorse pubbliche, soldi privati e del settore no profit, dovrebbe attestarsi intorno ai 3 miliardi di euro.
  4. Quando entrerà in vigore il provvedimento definitivo? Per riaprire i cantieri ci vorranno ancora almeno 6 mesi. Entro 15 giorni verrà nominato un gruppo di lavoro composto da esperti del ministero dei Trasporti, che ha altri 45 giorni per indicare i requisiti di spesa dei fondi pubblici e le regole per l’ingresso dei fondi immobiliari privati che decideranno di partecipare alla realizzazione dei 100mila nuovi alloggi, con quote che non potranno superare il 40%. Nello specifico i fondi avranno «un portafoglio minimo di un miliardo di euro, dovranno offrire un rendimento in linea con gli altri strumenti finanziari e dovranno assicurare un’adeguata rappresentatività agli investitori».
  5. Che cosa dovranno fare le Regioni? Ed entro quando?foto: case
    La palla adesso passa alle Regioni. Che hanno 180 giorni dal via libera arrivato ieri per proporre al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un «programma coordinato di interventi volto a incrementare il patrimonio di edilizia residenziale». Verrà convocata una Conferenza di servizi ad hoc per valutare anche l’ammissibilità delle proposte presentate da altri soggetti pubblici e privati interessati. La novità è contenuta nel punto 10 del provvedimento e prevede l’ipotesi di nominare un commissario con pieni poteri in caso di «ritardi nell’attuazione del programma» da parte delle Regioni stesse.
  6. Che ruolo giocheranno i fondi immobiliari privati?
    Il governo ha previsto una serie di incentivi per attirare gli investimenti da parte di fondi immobiliari privati, ma anche istituzioni pubbliche, Fondazioni bancarie e compagnie assicurative, attraverso l’uso delle riserve tecniche. La Cassa depositi e prestiti ha già costituito da diversi mesi la società Cdp Investimenti Sgr spa proprio per partecipare a questo processo. La Sgr, che è partecipata al 70% da Cdp, al 15% dall’Abi e al 15% dall’Acri, grazie alla firma del decreto potrà essere operativa, pendente sempre l’autorizzazione di Bankitalia. La Cassa depositi e prestiti è pronta a investire nel piano casa almeno un miliardo di euro proveniente dalla raccolta postale.
  7. Come funzionerà l’affitto? E l’eventuale acquisto? Secondo il piano «gli alloggi realizzati o recuperati (...) oggetto del finanziamento statale andranno locati (assegnati in affitto, ndr) ad un canone sociale agevolato». Tutti gli immobili affittati saranno riscattabili dagli affittuari, che avranno una prelazione secondo alcuni parametri di rivalutazione. Le Regioni e i Comuni che metteranno a disposizione i suoli per la realizzazione degli immobili avranno dei vantaggi. Il mutuo per riscattare l’abitazione sarà fornito da istituti bancari convenzionati, avranno un tasso d’interesse agevolato e, secondo le stime dei tecnici del ministero dell’Economia, le rate non saranno superiori ai 300 euro al mese.
  8. Sono previste agevolazioni di tipo fiscale? E quali?
    Per capire quali saranno le agevolazioni fiscali bisognerà aspettare le prime linee guida. Nel provvedimento però si fa preciso riferimento a «strumenti finanziari innovativi dedicati al settore dell’edilizia sociale come fondi di garanzia, forme di finanziamento in pool, piano di risparmio casa che favoriscano il riscatto a medio termine degli alloggi anche in collaborazione con gli istituti bancari». Non è escluso che vengano incentivate con sgravi fiscali le ristrutturazioni degli alloggi popolari già esistenti con tecniche di bioedilizia, al fine di agevolare l’acquisto della casa abitata, trasformando il canone d’affitto in mutuo a tasso agevolato.
  9. Quale potrà essere la ricaduta sul Pil? E sull’occupazione?
    Il giro d’affari del nuovo piano casa, secondo l’Associazione nazionale costruttori edili, oscilla tra i 12 e i 16 miliardi di euro, di cui 2,5 dedicati all’edilizia sociale, con un indotto fino a 320mila posti di lavoro. Secondo gli esperti dell’Ance la parte del leone la farebbe la Sicilia, con investimenti sull’edilizia residenziale per 307 milioni. Bene anche Campania (235 milioni), Puglia (254 milioni), Emilia-Romagna (297 milioni) e Lombardia (272 milioni) mentre nel Lazio sono attesi investimenti per 228 milioni. L’edilizia sociale muoverebbe 167 milioni di euro in Piemonte, 194 in Veneto, 89 in Liguria, 44 in Umbria e 64 in Calabria.
  10. Dove si costruirà? E quante saranno quelle «popolari»?
    Secondo le stime dell’Ance i nuovi alloggi residenziali saranno circa 100mila, mentre il social housing potrebbe assestarsi a quota 22mila. In testa la Sicilia con 2.702 alloggi sociali su un totale di 14.735 e la Puglia con 2.237 alloggi (su un totale di 12.204). In Lombardia si ipotizzano 2.397 case popolari su 13.073 nuovi alloggi, mentre nel Lazio si prevedono 2.014 case di edilizia sociale su un totale di 10.984 nuovi immobili. Fanalini di coda la Valle d’Aosta, con 28 alloggi di edilizia sociale su 152 complessivi, il Molise (37 alloggi di edilizia sociale su 199 realizzabili e la Basilicata (116 alloggi su complessivi 632).

(da Il giornale)

[22 luglio 2009]

 

 
 
 

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