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Anche in Europa la legge sui patrimoni mafiosi

foto: bandiera europaLa norma italiana sulla confisca dei beni ai mafiosi

Anche nella Ue la normativa italiana su patrimoni mafiosi. Lo ha proposto il ministro Maroni: «Il nostro Paese può essere capofila, ha già gli strumenti». Il titolare del Viminale ha riferito al Senato sul ‘Programma di Stoccolma’, il documento europeo in materia di giustizia e affari interni.

Questa mattina a Palazzo Giustiniani, di fronte alle Commissioni riunite Affari Costituzionali, Giustizia e Politiche Comunitarie del Senato, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha proposto di esportare in Europa la normativa italiana sulla confisca dei patrimoni mafiosi. «Si dovrebbe consolidare - ha detto - uno strumento giuridico in grado di sviluppare un sistema europeo di misure di prevenzione di carattere patrimoniale, misure che devono essere svincolate da una condanna penale definitiva».

Il ministro dell'Interno ha valutato davanti alle Commissioni il Programma di Stoccolma, il documento elaborato dalla Presidenza di turno svedese, che verrà discusso nel prossimo Consiglio Giustizia Affari Interni del 30 novembre, con il quale vengono affrontati i temi dell'ordine pubblico e la sicurezza per i prossimi cinque anni. «Quel testo - ha spiegato Maroni - è piuttosto riduttivo anche rispetto alle conclusioni del Consiglio europeo ed è molto sfumato rispetto alle nostre proposte».

Il documento, infatti, non fa riferimento allo sviluppo di politiche di aggressione ai patrimoni riconducibili alla criminalità organizzata. «L’Italia - ha sostenuto Maroni - in questo potrebbe assumere un ruolo guida, visto che è l'unico Paese europeo ad aver sviluppato una normativa in materia». L'idea di Maroni è quella di «creare un regime europeo dove tutti gli Stati si dotino di questi strumenti e ne riconoscano la mutua applicazione».

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Controlli dei confini e politica dei rimpatri

Evidenziato anche uno scarso impegno della proposta svedese per quanto riguarda i controlli dei confini sud della Ue e un programma comune per i rimpatri.
Il ministro, che ha incontrato il 9 novembre a Tripoli il collega libico Younis al-Obeidi, ha ribadito alle Commissioni riunite che: «L'accordo con la Libia funziona, e bene. Le autorità locali – ha riferito - hanno confermato di essere disponibili ad un dialogo più strutturato con l'Unione europea, a condizione che l'Unione mantenga l'impegno preso a cofinanziare il sistema di rilevamento satellitare dei confini meridionali del Paese, sistema che l'Italia già cofinanzia al 50%».
I flussi delle partenze, secondo quanto riferito da Maroni, si sono spostati verso est, verso il confine con l'Egitto. «I controlli via terra e via mare sono diventati così forti - ha spiegato - da indurre i clandestini a percorrere migliaia di chilometri in più nel tentativo di aggirarli: è per questo che le tre nuove motovedette che presto consegneremo alla Libia saranno dislocate proprio in quell'area».

La banca dati del DNA

Il ministro Maroni ha poi annunciato che entro un anno anche l'Italia si doterà di una banca dati del Dna. In questo modo il nostro Pese potrà mettere in atto i contenuti degli accordi di Prum a livello europeo. «Per quanto riguarda questo programma - ha spiegato Maroni - non esistono problemi di finanziamenti ma solo 'tecnici' legati alla privacy e al collegamento alle banche dati».

foto: poliziaI mezzi a disposizione delle forze dell'ordine

Infine, Maroni ha riferito sulla necessità di un adeguamento dei mezzi aerei in dotazione a Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili del Fuoco che dovrà essere realizzata secondo un piano decennale. «Al momento - ha detto il ministro - il 75% del parco elicotteri ha 25 anni ed è composto da velivoli di 14 modelli diversi, con un conseguente costo aggiuntivo per la diversificazione di magazzini, pezzi di ricambio e manutenzione». Un unico modello di elicottero «consentirebbe un evidente abbattimento dei costi». Le risorse necessarie per l’operazione sono comprese nei fondi aggiuntivi per la sicurezza, pari a un miliardo e 100 milioni per il 2010, che il Viminale ha richiesto lo scorso settembre al Governo.

[11 novembre 2009]

 
 
 

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