Dove sono i paladini dell'Airbus A400M?
Sette Paesi non sanno come portare avanti il progetto di Airbus A400M, l'"aereo da trasporto militare europeo"
Troppi ritardi, troppi costi, troppe controindicazioni. I rappresentanti di Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Turchia, Belgio e Lussemburgo sono riuniti a Londra per prendere la decisione, drammatica, di sborsare altri cinque miliardi di euro oppure decretare la sospensione del progetto. Un progetto - è giusto sottolinearlo - al quale Berlusconi disse "no" con preveggenza e coraggio, nell'interesse dell'Italia.
Era la fine del 2001
Arrivavano pressioni pesantissime dalla Francia e dagli altri paesi coinvolti nel progetto, a cominciare da Germania e Gran Bretagna, e in Italia, fioccavano le proteste dell'opposizione diessina che accusava il Cavaliere di anti-europeismo, per eccessivo americanismo. Ma la storia, ancora una volta, ha dato ragione a Berlusconi. A distanza di otto anni, la situazione è quella da lui temuta e prevista.
E infatti, decollerà mai l'A400M?
Ne dubita persino il ministro della Difesa francese Hervé Morin. L'amministratore delegato di Airbus ha confessato con angoscia a Libération che "l'A400M mette in pericolo il futuro stesso di Airbus, se lo dovessi rifare non firmerei questo contratto". Louis Gallois, presidente di Eads casa madre franco-tedesca di Airbus, minaccia senza mezzi termini di sospendere il progetto.
A Berlusconi erano chiari i rischi
"Da imprenditore - disse nel dicembre 2001 - non ho mai regalato nulla. E non voglio fare regali alla Francia. Berlusconi aveva intuito che si trattava di un'operazione a perdere.
E da buon capo di governo, decise di non sottostare al diktat dei partner o alle pressioni e agli attacchi degli avversari, interni ed esterni. "Dovrebbero essere tutti felici - disse - di avere un governo che non ha soltanto un presidente del Consiglio che spegne le luci quando esce dal suo studio, ma che prima di spendere oltre 2 miliardi di euro degli italiani ci pensa non una, ma sette volte".
Apriti cielo
Esplosero per l'indignazione i DS Marco Minniti ("L'Italia rischia l'isolamento internazionale"), Luciano Violante ("Noi abbiamo pensato all'Europa, Berlusconi no, l'uscita dal progetto dimostra la sua subalternità agli Stati Uniti") e Pasqualina Napoletano capogruppo al Parlamento europeo che naturalmente fece passare una mozione in cui si esprimeva "rammarico" per la rinuncia italiana. Ancora, il Financial Times imputò a Berlusconi un "euroscetticismo populista". La tedesca FAZ parlò di "equivoci, errori, situazioni penose e comportamenti bruschi che indeboliscono l'Italia".
All'inizio, ogni apparecchio doveva costare 100 milioni, oggi ne costerebbe 150. I clienti extraeuropei si stanno sfilando (Sud Africa e Cile hanno cancellato l'ordine). I nostri partner si sono dovuti sobbarcare spese pazze in un momento di crisi economica e di tagli anche alla Difesa.
Senza neanche la certezza di avere gli aerei
Berlusconi, ribaltò gli iniziali impegni del governo di centro-sinistra precedente, non solo per motivi di buon governo e di rispetto per i contribuenti italiani, ma anche per un'idea di Europa che non dev'essere centralista, ideologica e sprecona, ma realmente al servizio dei cittadini. In nome, cioè, di un europeismo sano e non di facciata.
[14 gennaio 2010]
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