Decreto legge enti locali approvato alla Camera
Via libera dell'Aula della Camera al decreto legge enti locali che contiene, tra l'altro l'anticipo al 2010 del taglio del numero degli assessori comunali e provinciali in caso di elezioni e l'esclusione dal patto di stabilità delle spese degli enti locali per i grandi eventi, gli stati di emergenza e le spese finanziate dalla Ue. I voti a favore sono stati 273, i contrari 238, le astensioni 3. Il provvedimento passa ora all'esame del Senato.
Il decreto legge
E' una occasione per far sì che alcuni argomenti acquisiscano un'accelerazione sul piano della trasformazione del sistema dei poteri locali. Ci limitiamo a ricordare che esso modifica e indica alcune norme in materia di contenimento della spesa degli enti locali soprattutto per quanto riguarda il riferimento all'attuale legge finanziaria, quella del 2010.
Riduce il numero dei consiglieri comunali e provinciali, un numero certamente eccessivo: abbiamo 120 mila consiglieri e 35 mila assessori ed è davvero un numero assolutamente esorbitante rispetto alle competenze e alle funzioni che gli enti debbono avere. Introduce inoltre alcune modifiche importanti per quanto riguarda la fiscalità locale e la garanzia della tenuta dei conti per gli enti locali. Elimina i consigli di circoscrizione nei comuni al di sotto dei 250 mila abitanti, configura il difensore civico provinciale definito difensore civico territoriale, quindi l'ombudsmam di riferimento che elimina la proliferazione dei livelli comunali e fissa la figura del direttore generale nei comuni al di sopra dei 100 mila abitanti.
Tutto questo è già un elemento che dimostra la volontà di andare avanti in questo progetto di riforma complessiva del sistema dei poteri locali ma che tutto questo debba essere completato siamo i primi a dirlo.
Le province
Ci si chiede poi perché non vengano eliminate le province. Dunque, anche su tale questione riteniamo che vada spesa qualche parola e qualche considerazione. Dell'eliminazione delle province si parla ormai da molto tempo senza costrutto. Forse la questione non sta tanto nel numero delle province e nel problema dell'ente province in sé. Dobbiamo invece affrontare quella che è una questione ineliminabile cioè come governare l'area vasta, come affrontare il tema del Governo di area vasta nel nostro Paese. È un tema che esiste a livello europeo e che tutta l'Europa ha affrontato e qui non si tratta se le province debbono rimanere così come sono o devono essere sostanzialmente modificate magari diventare soggetti di rappresentanza diretta dei comuni e quindi togliere di mezzo alcuni architravi che di fatto le rendono un ente inutile.
Ma il problema del coordinamento dell'area vasta che è quella che determina lo sviluppo territoriale è un problema che non può essere eluso. In tutta Europa oggi si parla il linguaggio della pianificazione e della programmazione territoriale tra il livello regionale e il livello comunale. È qui che dovremmo accentrare la nostra attenzione. Ce lo ha detto anche il CENSIS recentemente quando ha sottolineato che, per uscire dalla crisi attuale, bisogna soprattutto affrontare i problemi di come rispondere ad un tessuto economico e sociale sempre più spacchettato, sempre più disarticolato che trova solo nella dimensione microterritoriale il suo momento di condensazione.
Il ruolo degli enti locali
Ecco perché è importante comprendere che oggi il ruolo degli enti locali, negli anni del terzo millennio, è stato interessato nel corso dei decenni scorsi da un processo di riforma molto ampia, nel quale si sono giustapposti interventi di diverso oggetto e di diversa natura, leggi ordinarie e modifiche costituzionali, leggi di delega e decreti legislativi, regolamenti, direttive, altri atti legislativi ed amministrativi. La riflessione va appunto portata sul come oggi interagire con questo sistema complesso, che modifica anche i riferimenti territoriali, se e vero come è vero che, se ci vuole coesione per uscire dalla crisi, dobbiamo in qualche modo ridefinire la forma dei sistemi di potere territoriale, per far sì che vi siano sistemi ed assetti pubblici più equilibrati, più capaci di rispondere a quelli che sono i meccanismi che di fatto oggi si stanno enucleando nei territori. Penso a tutti i fenomeni di disarticolazione territoriale e di condensazione di nuove forme, penso ai distretti, penso a quelli che sono i nuovi parametri di riferimento sui quali si innesta il processo di sviluppo locale, penso a tutte quelle componenti che sono all'interno della Costituzione ma che ancora non trovano uno snodo operativo, i sistemi metropolitani.
Qui si è voluta ampliare la gamma dei sistemi metropolitani e non si è capito che andava lì creata l'omogeneità di riferimento, per far sì poi che si risponda in termini di qualità di servizi alla domanda effettiva che proviene dal territorio. Allora, se vi è una domanda di area vasta vi è anche una domanda di qualità della rappresentanza politica e amministrativa, alla quale le forze politiche hanno il dovere di rispondere. La democrazia, onorevoli colleghi, si fonda sul corretto rapporto tra rappresentati e rappresentanti, fra maggioranza ed opposizione, fra organi elettivi ed apparati esecutivi. Il problema di questo rapporto e della tenuta del sottile equilibrio tra poteri e funzioni diverse non si esaurisce né si risolve nella quantità del numero dei consiglieri ad ogni livello di assemblea elettiva. Si risolve bensì nella qualità di siffatta rappresentanza, che implica innanzitutto una capacità, attraverso forme chiare e trasparenti, di selezionare le classi dirigenti. Questo è il senso che vogliamo dare alla riforma
[16 marzo 2010]
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