Dalla Serbia nell’800 all’Africa oggi. Le 199 spedizioni fuori dai confini.
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Per la no fly zone non è necessaria l’approvazione del Consiglio di sicurezza Onu William Hague, ministro degli Esteri britannico Il 23 novembre scorso una squadra di medici e infermieri delle Forze armate italiane è arrivata in Uganda per svolgere una missione umanitaria. È l’ultima operazione dell’Italia che va a portare soccorso. L’ultima di una lunga serie, alla quale si aggiunge adesso la missione Libia. La prima volta degli italiani partiti allo scopo di offrire assistenza risale al 1885, quando un gruppo di ufficiali fu mandato a controllare il cessate il fuoco tra Serbia e Bulgaria. Da allora gli italiani hanno preso parte a 199 missioni, di cui alcune ancora in corso.
Hanno aiutato la popolazione di Creta che nel 1896 era insorta, hanno contribuito alla liberazione di europei e americani rimasti intrappolati in Cina nel 1900 a causa della rivolta dei boxer. Dal 1918 al 1921 i carabinieri hanno protetto il Santo Sepolcro in Palestina.
In tempi più recenti gli italiani si sono distinti durante la guerra di Corea (1951-1954), quando hanno installato ospedali da campo per soccorrere i feriti. Sono accorsi poi in Algeria e Marocco, due Paesi devastati dal terremoto rispettivamente nel 1954 e nel 1960. Sempre nel 1960 furono in prima linea in Congo nell’assistenza medica e distribuzione di medicinali. Le calamità naturali hanno sempre mobilitato gli italiani. Li ritroviamo in Yemen e in Iran nel 1962 quando andarono ad alleviare le sofferenze di popolazioni martoriate dal terremoto. Nello stesso periodo furono accanto agli sfollati della Somalia invasa da drammatiche alluvioni.
Lo stesso problema, l’alluvione, devastò nel 1962 Barcellona, e anche lì gruppi di italiani furono tra i più solleciti a portare soccorso. Le missioni umanitarie partite in seguito a un terremoto rappresentano un elenco notevole. Si va dall’assistenza ai turchi, nel 1966 e 1970, agli aiuti a favore dei croati, nel 1969, poi
gli interventi a beneficio dei romeni, colpiti dal terremoto nel 1970, e gli aiuti portati agli abitanti del Nicaragua, anche loro vittime di un sisma catastrofico nel1973. Invece in Tunisia, sempre nel 1973, si svolse un’operazione di salvataggio degli alluvionati con distribuzione di viveri e medicinali. Nel 1979 quattro navi della Marina militare si spinsero fin nel mare della Cina per portare in salvo i fuggitivi dei boat-people, migliaia di profughi che abbandonavano il Vietnam, il Laos e la Cambogia per sottrarsi alle persecuzioni dei regimi comunisti. Molte persone fuggirono anche dall’Iran nel 1979 con l’avvento di Kho- meini al potere. E anche lì troviamo gli italiani impegnati nell’opera di soccorso ai profughi, un’azione che si rinnova sempre nel 1979 anche a favore di profughi di Santo Domingo e in Asia in aiuto ai cambogiani. Non fu del tutto umanitaria la missione in Libano del 1982. Però l’intervento degli italiani riuscì a creare un clima migliore di sicurezza e di convivenza, tanto che le fazioni che si combattevano riconobbero agli italiani un ruolo pacificatore molto importante. Nel 1983 si svolse una missione umanitaria di italiani in Ghana, un’operazione che da allora si rinnova quasi ogni anno. Anche Mozambico e Zaire furono mete di attività assistenziale svolta nel 1984 con invio di viveri e medicinali.
Per certi versi può essere classificata missione umanitaria anche quella che nel 1984 portarono a termine gli sminatori nel canale di Suez. Liberarono il canale dalle numerose mine che vi erano state calate durante la guerra fra Egitto e Israele. Un elenco di missioni a favore di popolazioni sfortunate contempla i nomi di vari Paesi che hanno ricevuto nel corso degli ultimi anni interventi da parte di italiani, vanno ricordate le spedizioni di gruppi di medici e di soccorritori nel Mali, a Gibuti, in Somalia, Etiopia, Ciad, Colombia, Camerun, El Salvador. Nel 1991 la missione in Somalia, che si concluse in modo tragico, ma era partita con intenzioni pacifiche volte soprattutto alla salvaguardia dei
civili. Merito anche dell’Italia se fra Etiopia ed Eritrea si giunse al cessate il fuoco dopo lunghi mesi di sparatorie. Gli italiani hanno poi garantito il mantenimento della pace. Ora però se dobbiamo trovare un parallelo con la missione che si prepara per la Libia dobbiamo ricordare quello che gli italiani hanno fatto per gli sventurati abitanti di Haiti rimasti vittime del terremoto.
Marco Nese
[02 marzo 2011]
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