Perché la doppia opposizione
Sarà pure cambiato il clima politico, con l'avvento di Veltroni alla guida del Pd, e l'Italia sarà anche sul punto di diventare un Paese normale, con maggioranza e opposizione che si rispettano e si legittimano a vicenda. Ma, nonostante la semplificazione elettorale che ha portato alla costituzione di gruppi parlamentari, alla Camera non si respira un'aria anglosassone.
Tutt'altro. Giovedì scorso, tanto per fare un esempio, i deputati sono stati costretti a stare in Aula dalle nove del mattino fino alle sette della sera. Nessuno scandalo, per carità. Peccato però che quelle dieci ore siano trascorse in modo del tutto improduttivo.
Nel primo mese di legislatura, il governo Berlusconi ha presentato due decreti legge che riproponevano provvedimenti del passato esecutivo di centrosinistra. Atti dovuti, dunque, ai quali sono state aggiunte altre misure, urgenti, come è sempre successo coi governi di ogni colore e provenienza.
Ebbene, in entrambi i casi l'Italia dei Valori, spalleggiata sporadicamente dal Pd, ha messo in atto il filibustering, ovverosia l'ostruzionismo parlamentare, la prima volta contro il presunto emendamento salva Rete 4, e la settimana scorsa contro il prestito ponte alla compagnia di bandiera, varato peraltro da Prodi. Forti del tortuoso regolamento della Camera, i dipietristi si iscrivono in massa a parlare a titolo personale, dichiarandosi in dissenso dal proprio gruppo, salvo poi, al momento del voto, schierarsi compatti contraddicendo il dissenso esplicitato pochi minuti prima.
E questo accade per ogni sub-emendamento, e sono decine quelli presentati strumentalmente per cambiare, magari, un «che» con «il quale». Accade così che, per ore ed ore, i deputati di maggioranza sono costretti a sorbirsi non solo il solito discorsetto ripetuto ad libitum, ma anche a sopportare contumelie e insulti da chi tra un congiuntivo sbagliato e un condizionale zoppo si sciacqua ogni istante la bocca con la legalità, lasciandosi spesso andare a dichiarazioni diffamatorie.
Un modo sciagurato di fare opposizione, insomma. E qui torniamo al punto di partenza con una domanda alquanto imbarazzante: perché Veltroni, il leader scelto come candidato premier per guidare una forza autenticamente riformista e aprire conseguentemente una stagione di riforme condivise con il centrodestra, si è scelto come alleato di ferro proprio l'Italia dei Valori, cioè il partito che incarna più di ogni altro il giustizialismo becero e la schiuma giacobina di Tangentopoli?
Un arduo dilemma al quale fu, all'inizio, data una risposta elementare: il vecchio Pci doveva pagare l'ultima cambiale politica al pm che ai tempi di Mani pulite ebbe per i compagni un occhio di riguardo. Ma forse si tratta di una risposta troppo superficiale e, per questo, insufficiente.
Questo primo mese di lavori alla Camera ha fornito una risposta molto più convincente: Pd e Italia dei Valori, in realtà, si sono spartiti i compiti, e mentre il Pd fa un'opposizione di alto profilo, presentando solo pochi emendamenti «qualificati», ai lanzichenecchi forcaioli di Di Pietro tocca il lavoro sporco in Aula.
Un giochino che sta praticamente bloccando il Parlamento, per cui mentre gli italiani aspettano un salto di qualità che metta la politica a correre alla stessa velocità del Paese, i deputati restano intrappolati in questa rete regolamentare che consente all'opposizione di tenere in ostaggio la Camera per giorni.
È giusto, anzi sacrosanto, che le minoranze abbiano gli strumenti per contrastare efficacemente l'azione di governo, ma quando questo si trasforma in un aperto boicottaggio, allora significa che c'è una patologia da rimuovere. E la patologia, evidentemente, è un regolamento assurdo che costringe i deputati a passare intere giornate come dei fannulloni a scaldare i banchi.
[9 giugno 2008]
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