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Nel Pd opposizione ostaggio del Giustizialista

Nel Pd ostaggio del Giustizialista

Il Partito Democratico è come una barca in mezzo ai marosi: sulle intercettazioni Veltroni si trova inchiodato alle posizioni assolutiste di Di Pietro, in piena continuità con la stagione di Tangentopoli, mentre l'attacco all'arma bianca del settimanale cattolico "Famiglia Cristiana" sta scuotendo dalle fondamenta i termini dell'intesa tra ex Ds ed ex Margherita, e la collocazione del Pd in Europa resta un problema totalmente irrisolto. Il minivertice tra Veltroni e Rutelli avrà anche segnato "un importante passo in avanti positivo sulla strada di una soluzione condivisa da tutto il partito", come ha detto un portavoce, ma in realtà il faccia a faccia non è certo bastato a superare lo stallo. L'ex vicepremier non intende indietreggiare dalla vecchia linea Maginot margheritina: "nessuno pensi a un inglobamento nella famiglia socialista, che sarebbe sbagliato. Ma piuttosto ad una grande alleanza di centrosinistra, ancora più grande".

La soluzione, insomma, sarebbe un'intesa tra Pse e Alleanza dei liberali e democratici europei, formazioni fra le quali il Pd sarebbe il ponte ideale. Ipotesi peraltro già bocciata dai socialdemocratici. Ma, al di là delle schermaglie europeiste, i fronti all'interno del Pd si moltiplicano ogni giorno: ieri c'è stato il durissimo attacco di Parisi a Rutelli ("Quello che non si capisce è come faccia Rutelli, dopo un cataclisma di queste dimensioni, a riproporsi e riproporre la sua proposta politica dimenticando come sia stata appunto la sua iniziativa, nella leggerezza delle forme e nella pesantezza delle provocazioni, una delle cause più prossime della sconfitta politica del partito, e della disfatta del centrosinistra"…), che ha segnato il ritorno in campo della corrente prodiana.

Mai, insomma, la confusione era stata così grande dentro il Pd. La sensazione è che non ci sia un'opposizione degna di questo nome: con una parte del Paese che non è nemmeno rappresentata in Parlamento e il Pd "parcheggiato" senza una strategia, gli italiani si "aggrappano" al premier Berlusconi, che oggi appare come l'unico in grado di affrontare e risolvere i problemi nazionali. Il livello di fiducia in un governo comincia a calare quando c'è la percezione di un'alternativa possibile, ma al momento questa non esiste, e Berlusconi per ora non ha sbagliato un colpo. Il Pd ha un problema di consolidamento interno, visto che quella tra Ds e Dl è stata una fusione a freddo, e questo mina la tenuta della nuova formazione. Non solo: la strategia di Veltroni, che voleva sfondare al centro senza alleati, si è rivelata fallimentare. E ora c'è il problema di ripensare alle alleanze e di costruire un'alternativa forte al centrodestra, che ancora non si è vista, perché il Pd sembra essersi ritagliato una sorta di ruolo di secondo piano lasciando all'Italia dei Valori il compito di caratterizzare il profilo politico dell'opposizione. Le intercettazioni, ad esempio, sono un tema sul quale dovrebbe emergere il "nuovo" riformismo della sinistra, un riformismo garantista e non giustizialista. Invece, Veltroni si è impiccato alla posizione di Tonino Di Pietro che è più o meno questa: porre degli argini alle intercettazioni e alla loro diffusione a mezzo stampa significa sempre e comunque mettere al guinzaglio la magistratura e tenere all'oscuro della verità l'opinione pubblica, e chi non si oppone senza se e senza ma a una simile infamia se ne fa complice.

Parole che non sorprendono sulla bocca dell'ex pm, ma che stonano se a farsene portavoce è il segretario del Pd, cioè il leader che aveva promesso di spezzare definitivamente la deriva giustizialista cavalcata dai post-comunisti negli anni '90. Lo stesso Napolitano ha ammesso che il problema delle intercettazioni è reale, e che va affrontato con spirito bipartisan. Ma se l'approccio del Pd è quello giacobino dell'Italia dei Valori, il dialogo non partirà mai, e anche l'intesa complessiva sulle riforme continuerà a slittare alle calende greche.

 
 
 

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