Intervista del ministro Frattini al Messaggero
"Il Messaggero", domenica 13 Luglio 2008, p. 5
ROMA Ministro Frattini, ora che il macigno giustizia parrebbe rimosso, si può guardare avanti?
«Mi auguro di sì. Con il Lodo Alfano, abbiamo chiesto al Parlamento di dare a un governo eletto la possibilità di governare. Per poter governare, s’è dovuto togliere l’ostacolo di un piccolo gruppo di magistrati che sono ideologizzati. Adesso, il dialogo deve essere sulle riforme che servono ai cittadini».
E se l’opposizione vi segue, bene. Sennò, farete da soli?
«L’opposizione non può essere scartata, va coinvolta. E i primi due terreni su cui lavorare insieme, saranno quelli del federalismo fiscale e della manovra economica».
Si riparte col CaW, cioè Cavaliere più Walter?
«Io mi aspetto un’opposizione responsabile, come quella che il Pd aveva promesso».
Ma davvero avete bisogno della collaborazione bipartisan? Perchè mai un governo di larghissima maggioranza non può agire in legittima solitudine?
«Certo che può. Ma siccome il Pd, o almeno buona parte di esso, si dice riformista, non si capisce perchè - ognuno nel rispetto del proprio ruolo - non si debba affrontare tutti insieme e con lo strumento del riformismo l’emergenza di un Paese che ha bisogno di interventi profondi».
Volete, addirittura, che il Pd voti la Finanziaria?
«Questa manovra economica coniuga il valore del merito individuale delle persone e la grande attenzione ai bisogni delle categorie più povere. Questo è il vero riformismo. E il Pd, proprio perchè si dice riformista, dovrebbe votare la Finanziaria. E non farsi prendere dall’ala conservatrice, che ancora esiste in quel partito».
Insomma, lei crede nel dialogo ma non giurerebbe che ci sarà?
«Dipende dal Pd. Mi si è accapponata la pelle quando, l’altro giorno in Aula, ho visto una ventina di deputati del Pd che applaudivano il discorso di Di Pietro e che non applaudivano Veltroni mentre attaccava l’ex pm. Quel partito, è in preda a un dilemma: rompere con Di Pietro o tirare a campare in Parlamento. Questa seconda opzione sarebbe deleteria per tutti».
A lei, piace il ripristino dell’immunità parlamentare?
«Credo che sia uno strumento per fare lavorare i rappresentanti del popolo. Non è affatto un privilegio. Aprire un processo penale, magari sulla base di un’intercettazione telefonica, è un modo diretto o indiretto di esercitare una pressione sugli eletti del popolo. Vale per Berlusconi, così come per Fassino e D’Alema».
Avanti tutta con l’immunità?
«Si può cominciare a discuterne, anche se prima ci sono altre cose da fare. E comunque, io non la chiamerei più immunità. Ma garanzia che durante i cinque anni di una legislatura ci si possa dedicare al lavoro parlamentare e di governo. Potremmo, in proposito, inventare uno slogan: ”I conti li faremo dopo”».
I conti con la legge elettorale, invece, vanno fatti subito?
«Le priorità sono altre. E comunque, in questo campo, la prima cosa da fare è la legge per le europee. Io sono per uno sbarramento alto, del 4 o del 5 per cento. E toglierei le preferenze. Altri Paesi hanno una buona classe politica europea, anche perchè chi sta a Bruxelles e a Strasburgo può concentrarsi sul lavoro, senza dover andare in giro nei propri collegi a raccogliere voti».
Dall’Europa, ci martellano ogni giorno. Lei quanto ci soffre?
«Guardi, a volte, come nell’ultimo caso, si tratta di pulsioni individuali. In maniera inaccettabile e sfruttando una vicenda tristissima qual è quella di Federica Squarise, sono state lanciate da un rappresentante del governo catalano accuse inaccettabili al nostro Paese e alla sua politica. Ma a fermare queste pulsioni, che non rispecchiano l’orientamento nè del governo catalano nè di quello spagnolo, è stato proprio il ministro dell’interno di quella regione. Il quale, grazie alla nostra immediata reazione, ha appena smentito il collega».
Ma sono in molti, nel centro-destra, a percepire l’esistenza di un nuovo pregiudizio anti-italiano che soffia da quando Berlusconi è di nuovo a Palazzo Chigi. Lei non è fra questi?
«Dobbiamo fare ogni sforzo, per dimostrare e per spiegare che la nostra politica è in linea con l’Europa. E allo stesso tempo, non possiamo accettare interferenze nell’attività di un governo scelto dalla maggioranza degli italiani».
Però non va scemando, secondo lei, il tasso di europeismo del nostro Paese?
«Ciò di cui si sente bisogno è di un’Europa meno burocratica. E poi, io credo che l’Europa sia la soluzione per tanti problemi. Per esempio nella lotta al terrorismo, nelle politiche sull’immigrazione, nelle strategie energetiche. Ma sulla droga, o sull’eutanasia, o sul diritto di famiglia, io non vedo un’Europa che debba imporre agli stati membri delle linee che valgano per tutti».
Vogliamo ribadire il nostro diritto ad essere meno tolleranti in questi campi?
«Ognuno ha la sua storia e le sue tradizioni. Se ci sono Paesi, come l’Olanda, che consentono di poter comprare uno spinello al bar, facciano pure. Ma nessuno pretenda che anche l’Italia debba fare così e rinunciare a una legislazione propria».
Lo stesso vale per i rom, tema che ci ha attirato critiche e stroncature?
«Avremo sempre rispetto delle regole europee. Ma per noi, il primo modo per proteggere un bambino è dargli un’identità e un documento. Insomma, sapere chi è. Senza un’identità, un bambino rom non ha diritto alla sanità e alla scuola. E senza un’identità, è impossibile sottrarre questi piccoli fantasmi innocenti dalle mani dei pedofili e dei trafficanti di bambini».
Impronte digitali per tutti?
«Serve una banca dati europea con i nomi, con le impronte, con i segni del Dna di tutti questi bambini. Per rendere più sicura la loro vita».
Ma l’Europa dice che siamo razzisti!
«Non sanno di che cosa parlano. Ma noi non ci facciamo spaventare dall’ideologia di certa estrema sinistra europea, che non ha capito niente della protezione dei bambini. Comunque, se l’Europa non adotta questa soluzione delle impronte e del Dna, che a me sembra l’unica possibile, noi l’adotteremo comunque».
Non crede che però, come sostiene Letizia Moratti, sarebbe meglio intervenire sui genitori rom e identificarli per evitare che siano recidivi se compiono reati?
«Quei genitori che mandano i bambini a mendicare devono perdere la patria potestà. Quei genitori sono degli aguzzini e non vanno riconsegnate le vittime ai propri aguzzini. I bambini vanno salvati dai propri genitori. Questo c’è nella legge che verrà approvata la prossima settimana».
E la recidività degli adulti?
«Se la mettessimo, ci impiccherebbero sulla pubblica piazza! Bisogna andare per gradi: cioè prendere impronte e Dna, in prospettiva, anche per i genitori. Per ora, stiamo salvando i bambini».
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